Molti di voi hanno probabilmente già sentito parlare del cosiddetto “5G”. La “G” in 5G sta semplicemente per “generazione”. La tecnologia del telefono wireless, cioè senza fili, è tecnicamente iniziata con l’1G all’inizio degli anni ‘90 e si è estesa al 2G quando le compagnie telefoniche hanno iniziato a consentire alle persone di inviare messaggi di testo tra due dispositivi cellulari. Il 5G è una connessione wireless creata appositamente per stare al passo con la proliferazione di dispositivi che necessitano di una connessione Internet mobile.
Ma cosa dobbiamo aspettarci dal 5G? Quella che è la tecnologia attuale 3G e 4G, basata su radiofrequenze che vanno dalle centinaia di megahertz fino a pochi gigahertz, si trasferirà in parte in quella che è un’altra finestra dello spettro elettromagnetico, ovvero quella delle onde centimetriche (in Italia, una delle tre bande “pioniere” che sono state messe all’asta per il 5G è a 26 GHz) e si parla anche di onde millimetriche. Quindi, la frequenza delle onde coinvolte nella nuova tecnologia del 5G aumenterà, che è proprio l’opposto di ciò che i ricercatori dell’Istituto Ramazzini si auspicano sulla base dei loro studi (v. l’articolo “Antenne telefonia e cancro: lo studio Ramazzini“).
Infatti, come ha spiegato in una conferenza pubblica Andrea Vornoli, ricercatore del Ramazzini-Centro di Ricerca sul Cancro, “nell’idea delle compagnie telefoniche vi è quella di passare alla cosiddetta ‘Internet delle cose’, o Internet of Things (IoT) in inglese, ovvero un mondo nel quale noi saremo immersi in un mare di onde elettromagnetiche ed avremo gran parte degli oggetti in nostro possesso – dal frigorifero alla lavatrice, etc. – connessi l’uno con l’altro e con la rete Internet, generando una gran quantità di onde elettromagnetiche.
In pratica, se voglio che la lavatrice mi parta due ore prima che io torni a casa, con l’Internet delle cose lo potrò fare. E ci sono città che praticamente stanno già sperimentando il 5G, quindi questo tipo di tecnologia innovativa è da poco già una realtà: infatti, alla fine del 2018-inizio del 2019 la sperimentazione del 5G parte in 5 città italiane, che sono Milano, Prato, L’Aquila, Matera e Bari. La diffusione a tappeto del 5G nelle altre città, invece, è prevista per i prossimi 3 o 4 anni”.
Le 5 città pilota dell’ esperimento” 5G. L’Italia è fra i primi Paesi nel mondo.
Si tratta difatti di un piano di azione richiesto dalla Commissione UE per disporre di almeno una città 5G in ogni stato membro entro il 2018. Da ricordare che TIM ha già annunciato pubblicamente un progetto di sviluppo 5G a Torino, quindi complessivamente l’Italia potrebbe ritrovarsi con ben sei città all’avanguardia in questa sperimentazione per la quale non è stato chiesto ai cittadini alcun “consenso informato”, come prevede invece da qualche anno la legislazione francese per quanto riguarda l’installazione di nuove stazioni radio base.
La scelta è ricaduta su queste “fortunate” città sulla base di criteri geografici, capillarità di connettività a banda ultralarga, disponibilità di frequenze nella banda 3,7-3,8 GHz. L’Aquila e Matera sono considerate anche due simboli: il primo di ricostruzione post-terremoto e il secondo come capitale europea della Cultura nel 2019. Nel 2017, gli operatori telefonici sono stati invitati dal Governo italiano a presentare i propri progetti per questa fase di sperimentazione, che proseguirà fino al 2020.
Le preoccupazioni degli esperti mondiali sulla tecnologia 5G
Tutta la tempistica dipenderà, in realtà, da ciò che si farà per mettere un freno a questo tipo di tecnologia. Come ha raccontato Andrea Vornoli, “vi è una task force di scienziati che stanno cercando adesioni in tutto il mondo per cercare di mettere in allarme tutti quanti su quelli che possono essere i rischi di questa nuova tecnologia, anche sulla base delle evidenze sperimentali che vi ho illustrato in precedenza, ad esempio con i nostri studi effettuati al Centro di Ricerca sul Cancro ‘Cesare Maltoni’ ”.
Questa task force di esperti, che ha un eccellente portale online ricco di informazioni (il cui nome è “Cell Phone Task Force”), ci avverte: “Se i piani per il 5G delle industrie delle telecomunicazioni andranno in porto, nessuna persona, nessun animale, nessuna pianta sul pianeta saranno in grado di evitare l’esposizione, 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno, a livelli di radiazioni in radiofrequenza (RF) che saranno da decine a migliaia di volte più alti di quelli attuali (ovvero del 3G e 4G), senza alcuna possibilità di rifugiarsi in nessun luogo del pianeta”.
Il sito di Cell Phone Task Force, ricco di informazioni sul 5G e sui suoi rischi.
Infatti, continua Vornoli, “la tecnologia 5G non rappresenterà solo un cambiamento sociale, ma produrrà cambiamenti ambientali, ed è impossibile prevedere quale possa essere la densità della radiazione elettromagnetica prodotta, o meglio ce lo possiamo immaginare: infatti, queste onde elettromagnetiche, a differenza delle precedenti tecnologie (ad esempio, il 3G e 4G), hanno una bassa capacità di penetrazione, perciò per il funzionamento del 5G vi sarà la necessità di una densità assai maggiore di antenne delle stazioni radio base”.
“Addirittura”, spiega Vornoli, “l’idea è quella di piazzare le antenne del 5G sui pali della luce. Dunque, funzionerà in modo molto diverso dall’attuale tecnologia 4G LTE. Addirittura si prevede che, dopo una prima fase in cui questo tipo di tecnologia prenderà piede nei centri abitati, per coprire tutte le aree che sono meno urbanizzate vengano spediti nello spazio migliaia e migliaia di satelliti, fino a coprire con il segnale 5G – sostanzialmente – tutto il nostro pianeta”.
Come potrebbero apparire le prime antenne del 5G sui pali in una città.
Perciò, come ha sottolineato Vornoli, “nel frattempo l’auspicio è che vengano adottate misure per proteggere l’umanità, nel rispetto di quelli che sono gli imperativi etici e gli accordi internazionali perché, a differenza di oggi, nel prossimo futuro, se veramente questi piani andranno in porto, noi non avremo possibilità di fuga”. Saremo, insomma, le cavie – senza possibilità di scampo – di uno dei più grandi esperimenti della Storia, di cui però però vivremo tutti le conseguenze sulla nostra pelle.
Dobbiamo ricordare, a tal proposito, gli errori commessi in passato. Per dare un’idea degli studi passati effettuati dall’Istituto Ramazzini e di quanto tempo dopo sono stati recepiti dallo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), mettendoli nella categoria “1” dei cancerogeni certi per l’uomo, Vornoli cita l’esempio del benzene, che il Ramazzini ha riconosciuto sperimentalmente come cancerogeno nel 1979, mentre lo IARC si è pronunciato in tal senso solo nel 2012 (v. figura qui sotto), con ben 33 anni di ritardo!
Ma le serie preoccupazioni sul 5G non riguardano solo gli scienziati dell’Istituto Ramazzini. Maurizio Martucci, un brillante giornalista d’inchiesta che da anni si occupa di elettrosmog sulle colonne de Il Fatto Quotidiano ed è autore dell’ottimo libro “Manuale di difesa per elettrosensibili” – la cui lettura è consigliabile a tutti per farsi un’idea chiara della situazione – ha citato un’altra opinione autorevole nel suo intervento al Convegno nazionale “La rete 5G: un esperimento sulla salute di tutti”:
“Un esempio emblematico sui rischi del 5G è fornito da colui che viene considerato il più importante medico e scienziato che si occupa di malattie ambientali, e in particolar modo dell’elettrosensibilità, che è Martin Pall (professore emerito di biochimica e di scienze mediche alla Washington State University, negli Stati Uniti), il quale, profondamente a conoscenza di quella che sarà l’infrastruttura tecnologica della rete 5G e dell’irradiazione elettromagnetica che causerà sulla popolazione civile, dice, senza troppi peli sulla lingua, che, se il 5G dovesse essere realizzato esattamente come è stato concepito dalle lobby e dalle compagnie telefoniche, nel giro di 5 o 7 anni dal lancio ci sarebbe l’estinzione dell’umanità! ”.
Uno dei numerosi articoli in cui il prof. Martin Pall mette in guardia dai rischi del 5G.
Non si tratta di una boutade. Il punto è che una tecnologia che irradiasse quasi ogni angolo della Terra a livelli ed a frequenze mai testate in precedenza sulla salute umana potrebbe influire negativamente anche sul nostro apparato riproduttivo. La latenza (cioè il tempo necessario per la comparsa) dei sintomi dell’infertilità, prodotta dal danno irreversibile al DNA, fa sì che il pericolo sia potenzialmente molto serio: cioè che la prossima generazione scopra di non essere in grado di avere figli, un problema da cui non esisterebbe guarigione, e che condannerebbe in breve tempo l’uomo all’estinzione. Il libro di Pall sui grandi rischi del 5G – e che citiamo in bibliografia – ha un’ampia sezione dedicata al tema.
Dai pareri autorevoli di scienziati e medici del calibro di Pall – e considerato che il tempo per agire e porre un freno alla tendenza in atto è pochissimo – conseguono, a cascata, le nette prese di posizione delle varie associazioni e comitati internazionali, nazionali e locali per la difesa della salute e dell’ambiente, nonché gli appelli pubblici, che stanno susseguendosi in tutto il mondo – benché spesso taciuti dai grandi media ufficiali, che metterebbero a rischio la raccolta da sponsorizzazioni pubblicitarie – di centinaia di scienziati, ricercatori, giornalisti indipendenti, intellettuali e rivolti a politici e stakeholders.
Gli appelli alla moratoria del 5G si moltiplicano in tutto il mondo.
“C’è poi chi denuncia apertamente il fatto che il 5G, oltre a essere un esperimento sulla popolazione civile, viola apertamente il Codice di Norimberga, ovvero il divieto di effettuare una sperimentazione sugli esseri umani”, ha spiegato Martucci. “Si tratta, in effetti, di qualcosa di non ammissibile secondo i codici internazionali fatti propri dai Paesi occidentali. Anche in Italia abbiamo una sentenza emblematica del TAR del Lazio dei primi anni Novanta che ribadisce come, per l’art. 32 della Costituzione, la salvaguardia della salute pubblica abbia la precedenza rispetto all’art. 41 che riguarda la proprietà industriale”.
Martucci ha sottolineato la responsabilità della politica nel non occuparsi di tale argomento: “Se la politica, il Governo, il Parlamento sono completamente nelle mani dei desiderata di chi sta sviluppando questa tecnologia – che non ha nessuno studio preliminare su quelli che potranno essere gli effetti sanitari sulla popolazione civile – e non hanno una presa di coscienza seria e sensata su questo problema, che è molto importante considerato che già dall’inizio del 2019 una delle bande di frequenze che sono state messe all’asta dal Governo sarà operativa, ci troveremo in realtà ad essere tutti delle cavie”.
L’appello al Governo italiano partito dal Convegno di Viareggio sul 5G.
I pericoli legati alle caratteristiche della tecnologia 5G
Uno dei problemi del 5G è che andrà a sommarsi a tutta quella miriade di radioemissioni e di campi elettromagnetici che già oggi ci sono, come quelli generati dal Wi-Fi e dalla tecnologia 2G, 3G e 4G, che non verrà smantellata. In Italia, abbiamo oggi circa 60.000 antenne di stazioni radio base, spesso posizionate sui palazzi, e circa 24.000 hotspot di Wi-Fi pubblici. Se a ciò andiamo ad aggiungere per il 5G non un’antenna ogni 12 abitazioni, come si paventava all’inizio, bensì – come accennato da Vornoli – tantissime microantenne installate sui pali della luce, si può immaginare la densità di antenne che si avrà.
Come spiega Martucci nel suo libro, “la sperimentazione del 5G si servirà di microcelle con miniantenne ‘Massive MIMO’ e ‘BeamForming’: router e tecnologie wireless che operano in sinergia. [..] Probabilmente l’idea è di installare altre migliaia di microantenne sul tetto di ogni palazzo (o quasi), mettendo milioni di residenti nella condizione di essere esposti a campi elettromagnetici ad alta frequenza con densità espositive (e in futuro anche frequenze) sino ad ora inesplorate su così larga scala”.
Il giornalista d’inchiesta Maurizio Martucci (che scrive su “Il Fatto Quotidiano”) e il suo libro di denuncia sui rischi del 5G.
Gli esperti della Cell Phone Task Force sottolineano come una caratteristica negativa sottovalutata della tecnologia 5G sia proprio il cosiddetto beamforming (o “sagomatura” del fascio irradiato dall’antenna), che può essere realizzato in vari modi: ad esempio, con la cosiddetta phased array (o “schiera in fase”), cioè mettendo in opportuna fase i segnali emessi da schiere di antenne, una tecnica usata – ma in ricezione! – anche dal radiotelescopio SKA (Square Kilometer Array) che verrà costruito in Africa e Australia. In questo modo, l’utente può ricevere più flussi informativi con le stesse risorse infrastrutturali e si può concentrare in maniera “sintetica” verso il singolo utente il segnale trasmesso da più antenne.
La “schiera in fase”, se verrà implementata, finirà per cambiare totalmente il modo in cui sono costruite le torri delle stazioni radio base ed i telefoni cellulari, e trasformerà la coltre di radiazioni che ha avvolto il nostro mondo per due decenni in un milione potenti fasci guidati elettronicamente che ci inseguiranno sempre, un po’ come dei potenti “occhi di bue” che inseguono un attore illuminandolo da solo sul palcoscenico. Una tecnica simile è usata anche da un potente radar militare americano chiamato PAVE PAWS, che concentra l’energia di un gran numero di antenne in un raggio stretto e orientabile, operando un trasferimento di energia totale per tutto il corpo alle persone ad esso esposte, e per il quale esistono dati sui bioeffetti prodotti.
Il “beamforming”, ovvero l’occhio di bue elettronico che nel 5G inseguirà le persone investendole con un fascio di radiazioni molto concentrato.
Il 5G, per raggiungere le prestazioni di picco previste, lavorerà però, a regime, a una gamma di frequenze molto più alta, il che significa che le antenne saranno molto più piccole – abbastanza piccole da stare dentro uno smartphone – ma come in PAVE PAWS lavoreranno insieme in una “schiera in fase” e concentreranno la loro energia in fasci di alta potenza stretti e orientabili. Le schiere si susseguiranno l’un l’altra, un po’ come succede oggi con le celle telefoniche tradizionali, in modo che ovunque tu sia, un raggio proveniente dal tuo smartphone sarà diretto direttamente alla stazione radio base più vicina e, viceversa, un raggio dalla stazione radio base – o da più stazioni – sarà diretto direttamente a te.
Se cammini tra il telefono di qualcuno e la stazione radio base, entrambi i raggi passeranno attraverso il tuo corpo. Il raggio in questione ti colpirà anche se ti trovi nelle vicinanze di qualcuno che sta usando uno smartphone. E se sei in mezzo alla folla, più raggi si sovrapporranno e diventerà inevitabile esserne irraggiati. Dirigere in questo modo il fascio irradiato dall’antenna in maniera quanto più possibile mirata (almeno idealmente) sul singolo utente potrebbe sembrare una cosa intelligente e innocua, ma l’effetto biologico dipende dalla potenza alla quale lo si fa (oltre che dalla frequenza della radiazione usata) e per quanto tempo.
L’emissione ambientale di fondo delle antenne 5G si sommerà a quella del 4G, rete che si integrerà con esso per una lunga fase, che durerà molti anni, se non più.
Al momento, gli smartphone emettono in tutte le direzioni un massimo di circa 2 W, e di solito funzionano a una potenza inferiore a 1 W. “Ciò sarà ancora vero per i telefoni 5G”, spiegano gli esperti di Cell Phone Task Force, “tuttavia all’interno di un telefono 5G potrebbero esserci 8 piccole schiere di 16 minuscole antenne ciascuna, che lavorano tutte insieme per inseguire la stazione radio base più vicina e puntare un raggio focalizzato su di essa. Recentemente – guarda caso – la Commissione Federale per le Comunicazioni (FCC) statunitense ha adottato delle regole che consentono alla potenza effettiva di tali fasci di arrivare alla potenza di ben 20 W!”. Sì, avete capito bene: 20 volte più elevata 1.
Oggi, se uno smartphone portatile inviasse una radiazione di 20 W attraverso il corpo, supererebbe di gran lunga il limite di esposizione stabilito dalla FCC. “Ciò su cui conta la FCC”, spiegano gli esperti di Cell Phone Task Force, “è che in futuro ci sarà uno schermo metallico tra il lato del display di un telefono 5G e il lato con tutti i circuiti e le antenne. Quello schermo sarà lì per proteggere i circuiti da interferenze elettroniche che sarebbero altrimenti causate dal display e renderebbero il telefono inutile. Ma funzionerà anche per impedire che la maggior parte delle radiazioni penetrino direttamente nella testa o nel corpo, e quindi la FCC permetterà di andare sul mercato a telefonini 5G che di fatto avranno una potenza irradiata efficace 10 volte più alta dei telefoni 4G”.
Le varie generazioni di telefonini. La potenza dei telefonini 5G sarà verosimilmente più alta di quelli attuali, interrompendo il trend decrescente visto finora.
Ciò che questa radiazione farà alle mani dell’utente, la FCC non lo dice. E chi ti assicurerà che quando ti infili un telefono in tasca, il lato corretto sia rivolto verso il tuo corpo? E chi proteggerà tutti gli astanti dalle radiazioni che stanno arrivando nella loro direzione in misura 10 volte più forte di un tempo? E che dire di tutte le altre apparecchiature 5G che verranno installate su tutti i tuoi computer, elettrodomestici e automobili? La FCC chiama i telefoni portatili “stazioni mobili”. Anche i trasmettitori nelle auto sono “stazioni mobili”. Ma la FCC ha anche emanato regole per quelle che definisce “stazioni trasportabili”, che definisce come apparecchiature trasmittenti che vengono utilizzate in luoghi stazionari e non in movimento, come gli hub locali per la banda larga wireless a casa o in azienda. Le nuove regole della FCC consentono una potenza irradiata efficace di ben 300 W per tali apparecchiature!
“La situazione con le torri delle stazioni radio base è, se possibile, peggiore”, spiegano ancora gli esperti di Cell Phone Task Force: “Finora l’FCC ha approvato bande di frequenze intorno a 24 GHz, 28 GHz, 38 GHz, 39 GHz e 48 GHz per l’uso nelle stazioni 5G e propone di aggiungere 32 GHz, 42 GHz, 50 GHz, 71-76 GHz, 81-86 GHz e oltre 95 GHz. Queste hanno minuscole lunghezze d’onda e richiedono minuscole antenne. A 50 GHz, una schiera di 1.024 antenne misurerà solo 25 centimetri quadrati. E la potenza massima irradiata in tutte le direzioni da una singola schiera probabilmente non sarà di decine o centinaia di watt. Ma, proprio come con PAVE PAWS, le schiere contenenti un numero così grande di antenne saranno in grado di incanalare l’energia in fasci altamente focalizzati e la potenza irradiata effettiva sarà enorme”.
“Le regole adottate dalla FCC”, sottolinea Cell Phone Task Force, “consentono a una stazione radio base 5G che opera nell’intervallo di millimetri di emettere una potenza irradiata efficace fino a 30.000 W per 100 MHz di spettro! E considerando che alcune delle bande di frequenza che la FCC sta rendendo disponibili consentiranno alle compagnie telefoniche di acquistare fino a 3 GHz di spettro contiguo all’asta, queste saranno legalmente autorizzate a emettere una potenza irradiata effettiva fino a 900.000 W se possiedono tutto quello spettro”. Le stazioni radio base che emetteranno un potenza del genere si troveranno lungo un marciapiede o comunque non lontano dalle abitazioni delle persone”.
L’irraggiamento del 5G dallo spazio e le onde millimetriche
In questo modo, il 5G consentirà simultaneamente la connettività di un milione di dispositivi per chilometro quadrato: il frigorifero che ci aiuterà nel fare la spesa quando finisce qualcosa, l’automobile che viene progettata per essere guidata senza autista, robot di ogni tipo, e quant’altro. Ma, a fronte di questo futuro quasi da fantascienza, il rovescio della medaglia è un potenziale “incubo tecnologico”, come dovrebbe essere chiaro da quanto fin qui esposto ed è sottolineato anche dalle parole del ricercatore dell’Istituto Ramazzini e dai risultati del National Toxicology Program.
“Se l’Istituto Ramazzini e il National Toxicology Program riescono a pubblicare, verosimilmente entro la prima metà del 2019, i loro studi completi e definitivi”, ha spiegato Martucci illustrando il problema del 5G, “anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non potrà più far finta di niente e dovrà comunque confrontarsi con questi risultati. La sperimentazione del 5G in 5 città italiane è di tipo squisitamente tecnologico, non valuterà gli effetti sulla salute della popolazione irradiata. Ma il problema è ciò che accadrà quando la rete 5G sarà completa, con finanche migliaia di satelliti che irraggeranno la Terra con tale segnale Wi-Fi e 800 miliardi di oggetti che nel mondo saranno connessi e trasmetteranno simultaneamente 24 ore su 24”.
Il 5G dallo spazio non è fantascienza: Elon Musk ha già lanciato i primi satelliti e altri competitor ci stanno lavorando alacremente.
Infatti, nelle bande pioniere del 5G (in particolare quella a 26 GHz, per limitarci al caso italiano), palazzi e alberi costituiscono ostacoli alla propagazione lineare del segnale. Così, si è pensato a irradiare il segnale dallo spazio con dei satelliti operanti con onde millimetriche (MMW). A San Valentino 2018, Elon Musk ha annunciato un piano per il lancio di 12.000 satelliti a bassa orbita “per trasmettere una connessione Internet ultraveloce e senza interruzioni” a ogni centimetro quadrato del pianeta.
I primi due satelliti di prova funzionanti con onde millimetriche sono stati lanciati su un razzo Falcon 9 una settimana dopo. Le notizie dicono che “i satelliti iniziali della rete dovrebbero essere online nel 2019”. Per darvi un’idea di quanto sarà radicale questo assalto, ogni satellite avrà le dimensioni di un mini-frigorifero: 4.425 satelliti si troveranno ad un’altitudine di circa 1100 km e 7.518 satelliti ad una di sole 335 km. Il razzo di Musk potrebbe lanciare 100 di questi satelliti alla volta.
In passato, i satelliti sono stati destinati al servizio di telefonia cellulare (si pensi alle costellazioni Globalstar e Iridium), ma nessuno aveva fornito dati ad alta velocità. E oggi ci sono altre compagnie che vogliono lanciare migliaia di satelliti per fare ciò che sta facendo Musk. OneWeb pianifica di lanciare i primi dieci dei 4.560 satelliti pianificati entro il 2019. Boeing pianifica una flotta di 2.956 satelliti. Ed anche Facebook, Google e altri pensano di lanciare satelliti e droni per una durata di 5 anni.
Ma gli studi scientifici preliminari disponibili in letteratura hanno mostrato che le onde millimetriche aumentano la temperatura della pelle, alterano l’espressione genica, promuovono la proliferazione cellulare e la sintesi di proteine legate allo stress ossidativo ed ai processi infiammatori e metabolici (condizioni notoriamente implicate nell’insorgenza del cancro, ed in diverse malattie acute e croniche), possono generare danni oculari, nonché influenzare le dinamiche neuromuscolari.
Perciò, come sottolinea l’articolo “Towards 5G communication systems: Are there health implications?”, pubblicato sull’International Journal of Hygiene and Environmental Health, “anche se sono necessari ulteriori studi per esplorare in modo migliore ed indipendente gli effetti sulla salute delle radiofrequenze millimetriche, i risultati disponibili sembrano sufficienti per dimostrare l’esistenza di effetti biomedici, per invocare il principio di precauzione, e per rivedere i limiti di esposizione esistenti”.
Un articolo fra quelli più prudenti nei confronti dei rischi per la salute posti dal 5G. Altri esperti di tutto il mondo sono ancora più pessimisti a riguardo.
A proposito di limiti, Martucci ha messo in guardia sul fatto che “la legge quadro italiana stabilisce la soglia limite in 6 V/m ma l’elettrosmog, con il 5G, potrebbe impennarsi fino a 60 V/m per realizzare un’irradiazione del territorio che permetta la connessione simultanea di milioni di dispositivi per chilometro quadrato. In pratica, si innalzerebbe notevolmente il livello di radiazioni elettromagnetiche che noi già oggi stiamo subendo, nonostante vi siano tutta una serie di sentenze di tribunali e della Cassazione che stabiliscono il nesso causale fra radiofrequenze emesse dai telefonini e determinati tumori”.
La disinformazione sull’argomento e il principio di precauzione
In una situazione come quella che siamo venuti illustrando, occorre parlare dunque – anche e soprattutto a livello politico, sia nazionale che locale – di prevenzione, di principio di precauzione. Il problema principale, come, sottolinea Martucci, è che “in Italia non c’è informazione”. Se date un’occhiata ai quotidiani, gli articoli sull’argomento latitano, su tutto il territorio nazionale. Non c’è quindi poi da stupirsi che, se si parla con i politici di questi temi, essi “cadano dalle nuvole”. Perciò è importante che i media, a cominciare dai giornalisti scientifici, comincino a occuparsene, dato che è un problema di tutti.
Di solito, chi oggi scrive di questi temi, ha sostenuto Martucci, “porta le cosiddette ‘veline di regime’, perché è inutile vendere fumo, occorre dire la verità; e cioè che non c’è uno studio preliminare che attesti l’innocuità socio-sanitaria del 5G; e che al mondo esistono ben più di 1.000 studi validati dalla comunità medico-scientifica che attestano effetti biologici delle onde elettromagnetiche a radiofrequenza”.
Martucci ha rivelato anche un altro particolare che fa riflettere: “Nel 2011, quando l’IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, classificò l’elettrosmog alle radiofrequenze in classe 2B – cioè come possibile cancerogeno per l’uomo – bisognò attendere la bellezza di 6 anni prima che quel dato venisse certificato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sapete perché? Perché ci furono 6 anni di battaglie legali: i ricercatori che a livello mondiale avevano partecipato allo studio Interphone vennero infatti coinvolti in scandali per conflitti di interesse”.
Martucci nel suo intervento al Convegno su elettrosmog e 5G di Viareggio. Tutti gli interventi dei relatori sono disponibili online. (v. Fonti e bibliografia)
“Per chi non lo sapesse”, spiega Martucci, “lo studio Interphone, pubblicato proprio nel 2011, è stato uno dei più grandi studi mondiali condotti sugli effetti delle radiofrequenze, ed è stato usato come ‘appiglio’ da chi cercava di negare la pericolosità delle onde elettromagnetiche alle radiofrequenze; ma esso è stato criticato da numerosissimi scienziati e osservatori indipendenti non solo per una serie di ‘distorsioni ed errori’, anche procedurali, ma anche per i palesi conflitti di interessi riscontrabili fra i gruppi di ricercatori partecipanti all’iniziativa. Per tali motivi, è considerato poco attendibile dagli addetti ai lavori”.
Perciò dobbiamo applaudire l’Istituto Ramazzini, che porta avanti gli studi sull’argomento in maniera del tutto indipendente, così come altri validi ricercatori, medici e scienziati, i quali conducono in modo disinteressato la propria ricerca. Invece, altri esponenti del mondo della scienza, dell’ingegneria e della medicina, ha chiosato Martucci, “a quanto pare, come dicono i tribunali – che rifiutano alcune perizie perché ritenute macchiate dal conflitto di interesse – non si comportano così”.
Alcuni degli effetti già derivanti dall’uso dei telefonini attuali, oltre a elettrosensibilità e cancro. Ecco perché il 5G è “un esperimento sulla salute di tutti noi”.
Chi desidera maggiori informazioni riguardo i temi trattati in questo articolo può senz’altro fare riferimento al libro di inchiesta scritto da Martucci, che riporta tutto ciò che si poteva riportare sull’argomento e che dovrebbe essere letto da tutti. In realtà il titolo può essere fuorviante, ma nel momento in cui la ricerca ci dice che gli effetti delle radiofrequenze possono essere non solo termici ma anche biologici, siamo tutti potenzialmente elettrosensibili: non è quindi un manuale per chi è malato di elettrosensibilità, ma un testo rivolto a chiunque, in quanto tutti siamo esposti ai pericoli paventati in precedenza.
In altre parole, come ha sottolineato Martucci, “se il progetto del 5G non venisse revisionato, come peraltro chiede anche l’ISDE Italia (vedi il comunicato qui sotto, ndr) – che è l’associazione dei medici ambientali – allora molti di noi, se non quasi tutti, potremmo diventare, dall’oggi al domani, elettrosensibili. Il cancro, come sottolinea l’ISDE Italia, rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. L’elettrosensibilità è una malattia ambientale altamente invalidante che sta colpendo sempre più persone, guarda caso, proprio nei Paesi industrializzati”.
L’appello di alcuni dei migliori medici di base italiani riuniti nell’ISDE è solo l’ultimo di una serie di appelli firmati da scienziati di tutto il mondo, che considerano questo passo uno dei più pericolosi nella storia dell’umanità.
E continua: “Posso citare solo uno dei casi illustrati nel libro, quello di una signora di Pistoia gravemente elettrosensibile che, nel febbraio 2009, all’epoca quindi del 3G, dopo aver fatto appelli agli organi sanitari, agli amministratori locali, non fu presa in considerazione da nessuno di loro e una notte si suicidò. Pensiamo dunque cosa potrebbe succedere con il 5G, che – da qui a brevissimo – prevede la copertura del 98% del territorio nazionale: ciò significa che il 98% del nostro Paese verrà irradiato da onde elettromagnetiche anche a frequenze inesplorate per gli effetti sulla salute, ed in maniera multipla e cumulativa. Di fatto, si tratterà di un susseguirsi di forni a microonde a cielo aperto”.
“La buona notizia che vi posso invece dare”, ha concluso Martucci nel suo intervento, “è che qualcosa, o almeno la nostra parte, possiamo farla anche noi: grazie alle rimostranze dei cittadini, alle petizioni dei comitati spontanei e alle diffide legali degli avvocati, negli Stati Uniti i sindaci di 4 città – le prime 4 ‘mosche bianche’ – hanno detto ‘noi non vogliamo il 5G’ e altri 300 sindaci, riuniti in America in un’associazione di primi cittadini, hanno chiesto al Governo americano di bloccare il 5G. E negli Stati Uniti in ogni Stato c’è una battaglia ferocissima sull’argomento, che io seguo praticamente tutti i giorni. Dunque, la cittadinanza ha sempre una chance da potersi giocare, mai come in questo caso importante, trattandosi di salute pubblica”.
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Note al testo
1 Come spiega Livio Giuliani, “uno dei motivi per cui i cellulari 5G dovranno avere una potenza almeno 10 volte superiore a quella attuale è quello di permettere la loro connessione in uplink con i satelliti che saranno lanciati nello spazio per la copertura 5G. Già oggi un cellulare emette 100 V/m al momento dell’aggancio di una cella, possiamo immaginare quindi a che livelli di emissione si arriverà quando si tratterà di connettersi con un satellite”.
Riferimenti bibliografici
- Pall M., “5G: Great risk for EU, U.S. and International Health! Compelling Evidence for Eight Distinct Types of Great Harm Caused by Electromagnetic Field (EMF) Exposures and the Mechanism that Causes Them”, 2018, https://peaceinspace.blogs.com/files/5g-emf-hazards–dr-martin-l.-pall–eu-emf2018-6-11us3.pdf
- Di Ciaula A., “Towards 5G communication systems: Are there health implications?”, Int. Journal of Hygiene and Environmental Health, 2018, https://europepmc.org/abstract/med/29402696
- Richiesta moratoria per le “sperimentazioni 5G” su tutto il territorio nazionale, ISDE Italia, 2017, http://www.isde.it/richiesta-moratoria-per-le-sperimentazioni-5g-su-tutto-il-territorio-nazionale/
- “5G: From Blankets to Bullets”, Cellular Phone Task Force, 2017, https://www.cellphonetaskforce.org/5g-from-blankets-to-bullets/
- Albanese R. et al., “Ultrashort Electromagnetic Signals: Biophysical Questions, Safety Issues and Medical Opportunities”, Aviation, Space, and Environmental Medicine, 1994, https://apps.dtic.mil/dtic/tr/fulltext/u2/a282990.pdf
- Houston B.J. et al., “The effects of radiofrequency electromagnetic radiation on sperm function”, 2016, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27601711
- Vornoli A., Presentazione orale “Telefonini, antenne della telefonia mobile e salute: lo studio dell’Istituto Ramazzini”, fatta al Convegno “Elettrosmog ed elettrosensibilità: 5G esperimento sulla salute”, Viareggio, 6 ottobre 2018, https://youtu.be/3BA_sQynzBs?t=337
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