Quali sono i principali tipi di inquinanti atmosferici

 

Esistono vari tipi di inquinanti atmosferici: da quelli temibili costituiti da sostanze altamente tossiche e/o cancerogene (o teratogene, ovvero che hanno la capacità di indurre malformazioni nella prole, come ad es. le diossine) a quelli il cui grado di pericolosità dipende dalla composizione e dalle dimensioni (come le polveri sottili e lo smog fotochimico), fino agli allergeni, abbastanza più innocui.

Lo smog fotochimico è, nel suo complesso, un inquinante “secondario”, mentre le polveri sottili sono un inquinante sia primario che secondario; i cosiddetti “inquinanti atmosferici pericolosi” sono in genere inquinanti primari, come pure i gas serra e gli allergeni naturali. Ma vediamo più in dettaglio le caratteristiche che contraddistinguono i principali tipi di inquinamento atmosferico:

Smog fotochimico

Lo smog è un tipo di inquinamento atmosferico visibile sotto forma di foschia composto da ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ozono, fumo o particolato, tra gli altri (inquinanti meno visibili includono il monossido di carbonio ed i clorofluorocarburi). Deriva dalle emissioni di carbone, dalle emissioni veicolari, dalle emissioni industriali, dagli incendi forestali e agricoli, e dalle reazioni fotochimiche di tali emissioni.

Lo smog moderno – come ad esempio quello visibile nelle grandi città più inquinate – è un tipo di inquinamento atmosferico derivato soprattutto dalle emissioni veicolari di motori a combustione interna e dai fumi industriali, che reagiscono nell’atmosfera con la luce solare per formare inquinanti secondari, i quali si combinano anche con le emissioni primarie per formare lo smog fotochimico.

 

La formazione dello smog fotochimico nei centri urbani.

In molte parti del mondo, questo tipo di inquinamento ha ridotto la distanza e la chiarezza di ciò che vediamo finanche del 70%. Lo smog è talvolta chiamato “ozono a livello del suolo”, in quanto il velenoso gas ozono (O3) è uno dei principali componenti dello smog fotochimico e si origina quando gli idrocarburi (HC) emessi dalla combustione di combustibili fossili reagiscono con la luce solare.

Più in generale, lo smog fotochimico è la reazione chimica della luce solare, degli ossidi di azoto (NOx) e dei composti organici volatili (VOC) nell’atmosfera, che rilascia particelle aerodisperse, ozono e biossido di azoto (NO2), che si forma quando l’ossido di azoto (NO) si combina con l’ossigeno nell’aria. Lo smog fotochimico è più comune nelle città con climi soleggiati ed asciutti e molti veicoli a motore.

Lo smog è altamente tossico per gli esseri umani. In alcune città, soprattutto dei Paesi più poveri, la gravità dello smog è spesso aggravata dai roghi nelle zone agricole limitrofe. Invece, i livelli di smog di molte città anche dei Paesi industrializzati – come ad esempio, quelle della Pianura Padana – vengono aumentati dal fenomeno dell’inversione termica, che intrappola l’inquinamento vicino al suolo.

Particolato o polveri sottili

Il particolato – noto anche come polveri sottili, fuliggine o “PM” (da Particulate Matter) – è un’altra importante forma di inquinamento, che può avere origine naturale o antropogenica. Esso è costituito da minuscole particelle sospese di sostanze chimiche, suolo, fumo, polvere o allergeni, sotto forma di gas, solidi o goccioline liquide, che vengono trasportate nell’aria per grandi distanze.

Le polveri sottili possono essere di diverse dimensioni e forme e possono essere composte da centinaia di diverse sostanze chimiche, alcune delle quali tossiche e/o cancerogene. Esse comprendono: il PM10 (particelle inalabili, con diametro inferiore a 10 micrometri); PM2.5 (particelle fini inalabili, con diametri di 2,5 micrometri e più piccoli); le particelle ultrafini (UFP), di scala nanometrica (meno di 0,1 μm).

Alcune particelle – come polvere, sporco, fuliggine o fumo – sono grandi o scure abbastanza da essere visibili ad occhio nudo. Le particelle fini (PM2,5) sono la causa principale della ridotta visibilità (foschia) in alcune parti del mondo. Altre sono così piccole (le ultrafini) che, a differenza dello smog e delle polveri sottili più grandi, possono essere rilevate solo usando un microscopio elettronico.

 

La differenza di diametro fra particelle di PM10, PM2,5 capelli umani e sabbia.

Le polveri sottili artificiali provengono da automobili e camion, fabbriche, centrali elettriche, inceneritori, motori, caldaie, cioè da qualsiasi cosa che bruci combustibili fossili – come carbone o gas naturale – o biomasse. Anche i fumi dell’ammoniaca e dei fertilizzanti ricchi di azoto usati in agricoltura si mescolano con le emissioni industriali per formare polveri sottili spesso sottovalutate.

In effetti, alcune polveri sottili vengono emesse direttamente da una fonte, come cantieri, strade non asfaltate, campi, ciminiere o fuochi. Ma la maggior parte si formano nell’atmosfera a causa di reazioni complesse di sostanze chimiche come il biossido di zolfo (SO2) e gli ossidi di azoto (NOx) – inquinanti emessi dalle centrali elettriche, dalle industrie e dalle automobili – o l’ammoniaca.

La sostanza particolata contiene solidi microscopici o goccioline liquide così piccole che possono essere inalate e causare seri problemi di salute alle persone. Le particelle con diametro inferiore a 10 micrometri rappresentano i problemi maggiori, perché possono penetrare in profondità nei polmoni, accumulandovisi, e alcune possono persino entrare direttamente nel flusso sanguigno.

Inquinanti atmosferici pericolosi

I cosiddetti “inquinanti atmosferici pericolosi” (HAP)  – noti anche come inquinanti atmosferici tossici – sono quelli che causano il cancro (o sono sospettati di provocarlo) e altri gravi effetti sulla salute, cioè sono o mortali o generano seri rischi per l’uomo anche in piccole quantità: ad es., effetti sulla riproduzione o difetti alla nascita (come nel caso di sostanze “teratogene”), effetti ecologici avversi, etc.

La maggior parte degli inquinanti atmosferici pericolosi provengono da fonti create dall’uomo: mobili (ad esempio, automobili, camion, autobus), fisse (ad esempio, fabbriche, raffinerie, centrali elettriche), indoor (ad esempio, alcuni materiali da costruzione e solventi per la pulizia). Alcune sostanze tossiche sono rilasciate da fonti naturali come eruzioni vulcaniche e incendi boschivi.

Molti inquinanti atmosferici pericolosi sono regolamentati dalle leggi dei vari Paesi: ad esempio, negli Stati Uniti sono quasi 200, e l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) statunitense sta lavorando con le amministrazioni locali per ridurre le emissioni atmosferiche di 187 inquinanti atmosferici tossici. Ma altri non sono regolamentati, proprio come accade per molti inquinanti dell’acqua.

Esempi di queste sostanze presenti nell’aria includono diossina, amianto, benzene, toluene e metalli come cadmio, mercurio, cromo e composti del piombo. Questi sono spesso emessi durante la combustione di gas o carbone, l’incenerimento o, nel caso del benzene, della benzina. Gli idrocarburi aromatici policiclici (PAH), invece, sono componenti tossici dello scarico del traffico e del fumo di un incendio.

 

Le emissioni industriali sono responsabili di un vasto numero di inquinanti pericolosi.

Altri inquinanti atmosferici pericolosi includono: il percloroetilene, che viene emesso da alcuni impianti di lavaggio a secco; il cloruro di metilene, che viene utilizzato come solvente e sverniciatore da una serie di industrie; il cloruro di vinile, emesso dai gas esausti delle industrie plastiche; la formaldeide, un potente battericida che trova ampio impiego nei disinfettanti per uso domestico, etc.

Gli inquinanti atmosferici pericolosi possono essere un particolato, un composto organico volatile (VOC) o un gas, e non hanno alcuna soglia di esposizione: in altre parole, non esiste una quantità minima o una durata dell’esposizione che possa essere considerata “sicura”. Gli effetti sulla salute possono essere acuti (ad es. per inalazione di un gas tossico) o cronici (ad es. per esposizione a un cancerogeno).

Gas serra vari

Intrappolando il calore della terra nell’atmosfera, i gas serra portano a temperature più calde del pianeta – il “riscaldamento globale” – ed a tutti i segni distintivi del cambiamento climatico: innalzamento del livello del mare, condizioni meteorologiche più estreme, estinzione di specie animali, morti di persone legate al calore e alla diffusione delle malattie di norma endemiche nelle regioni più calde.

Secondo uno studio dell’Agenzia della Protezione dell’Ambiente (EPA) del 2014, l’anidride carbonica era responsabile dell’81% delle emissioni totali di gas serra da parte degli Stati Uniti e il metano dell’11%. L’anidride carbonica deriva dalla combustione di combustibili fossili e il metano da fonti naturali e industriali, comprese le grandi quantità rilasciate nelle perforazioni per il petrolio e il gas.

A livello planetario, emettiamo quantità molto maggiori di anidride carbonica, ma il metano è molto più potente, quindi è anche molto distruttivo. Un’altra classe di gas a effetto serra, gli idrofluorocarburi (HFC), sono migliaia di volte più potenti dell’anidride carbonica nella loro capacità di intrappolare il calore, ma nell’ottobre 2016, oltre 140 paesi hanno raggiunto un accordo per ridurne l’uso.

Infatti queste sostanze chimiche, utilizzate nei condizionatori e nei frigoriferi, sono responsabili – insieme ai clorofluorocarburi (CFC), usati come refrigeranti, solventi e propellenti nelle bombolette spray e messi al bando già nel 1987 dal Protocollo di Montreal – dell’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico che protegge l’uomo e tutte le forme viventi dai raggi ultravioletti solari nocivi.

In sostituzione dei clorofluorocarburi, sono stati impiegati gli idroclorofluorocarburi (HCFC), che, pur essendo più reattivi e più facilmente decomposti a livello della troposfera, si sono dimostrati anch’essi attivi verso l’ozono e sono dunque sono in via di dismissione. I sostituti oggi più usati sono gli idrofluorocarburi (HFC), di cui si cercano oggi sostituti poiché sono considerati potenziali gas-serra.

Allergeni naturali

Anche i pollini, le muffe e gli allergeni vari provenienti da alberi, erbe infestanti e prati vengono trasportati nell’aria, esacerbati dai cambiamenti climatici e sono pertanto dannosi per la salute. Non sono regolamentati dalla legge e sono meno direttamente collegati alle azioni umane, ma possono essere considerati a tutti gli effetti una forma di inquinamento atmosferico.

 

I pollini sono uno dei più comuni e fastidiosi allergeni naturali presenti nell’aria.

Quando case, scuole o aziende subiscono danni da parte dell’acqua – o comunque sono interessate da una forte umidità – la muffa può crescere e produrre delle sostanze inquinanti che vengono aerodisperse. L’esposizione alla muffa può scatenare attacchi di asma o una reazione allergica, e alcune muffe possono persino produrre tossine che sarebbero pericolose da inalare per chiunque.

Inoltre, per chi soffre di allergie primaverili, l’arrivo della primavera è una brutta notizia. Tutto ciò che fiorisce e l’apertura delle foglie significano che i pollini e altri allergeni legati alle piante o all’erba riempiranno l’aria e creeranno una sorta di coltre colorata sul terreno e sulle automobili, seguita da starnuti, gocciolamenti, intasamento dei seni nasali per migliaia di italiani.

Le allergie ai pollini stanno peggiorando in concomitanza con il riscaldamento globale indotto dai gas serra, principalmente dall’aumento dei livelli di anidride carbonica. In particolare, l’aumento dell’anidride carbonica – principalmente a causa delle emissioni indotte dall’uomo – sta aumentando la produzione di polline. Inoltre, i cambiamenti climatici estendono la stagione di produzione dei pollini.

Gli studi di laboratorio mostrano che le piante fatte crescere in una camera con diversi livelli di CO2 per testare gli effetti di tale gas sulla produzione di polline hanno mostrato cambiamenti significativi: la produzione di polline, ai livelli di CO2 attuali, era più che doppia rispetto a quando la camera era impostata sui livelli di CO2 del 1999 (circa 370 parti per milione, o ppm), come questa era doppia rispetto a quando il livello di CO2 era impostato su livelli pre-industriali (circa 280 ppm).

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Riferimenti bibliografici

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