L’inquinamento radioattivo – o contaminazione radioattiva, o radiologica – può essere definito come il rilascio di sostanze radioattive o di particelle ad alta energia nell’aria, nell’acqua o nel terreno come risultato dell’attività umana, sia per incidente che per volontà esplicita. Esso può venire misurato tramite appositi strumenti.
Tale contaminazione rappresenta un pericolo a causa del decadimento radioattivo dei contaminanti che emettono radiazioni ionizzanti nocive, come le particelle alfa o particelle beta, raggi gamma o neutroni. Il grado di pericolo è determinato dalla concentrazione dei contaminanti, dall’energia della radiazione emessa, dal tipo di radiazione e dalla prossimità della contaminazione agli organi del corpo. Ad ogni modo, è la contaminazione che dà origine al rischio, più che le radiazioni ionizzanti in sé.
Le fonti di tali inquinanti comprendono: (1) la detonazione di armi nucleari in test o in conflitti reali; (2) il rilascio accidentale di materiale radioattivo da centrali nucleari; (3) l’eventuale uso di bombe “sporche” fatte con materiali radioattivi contaminanti; (4) il ciclo del combustibile nucleare – compresa l’estrazione, la separazione e la produzione di materiali nucleari – da utilizzare in centrali nucleari o in bombe nucleari; (5) i rifiuti radioattivi, compresi quelli smaltiti illegalmente; (6) le centrali a carbone; (7) l’uso di armi contenenti uranio impoverito; (8) l’uso di materiali da costruzione radioattivi.
Altre fonti di radiazioni ionizzanti legate in buona parte a scelte personali sono costituite da: (9) utilizzo di apparecchiature di imaging diagnostico o di radioterapia, (10) viaggi in aereo, (11) uso di tabacco. A volte, anche fonti naturali di radioattività – come (12) il gas radon emesso dal sottosuolo che si accumula negli edifici – sono considerate inquinanti quando diventano una minaccia per la salute umana. Tutte queste fonti di radiazioni si sommano al “fondo naturale di radiazione” (ionizzante), costituito dalla radiazione cosmica secondaria e dalla radioattività ambientale naturale.
Alcune utili dosi di riferimento per gli effetti sull’uomo delle radiazioni ionizzanti.
La contaminazione radioattiva può interessare un luogo, una persona, un animale o un oggetto come ad es. un capo di abbigliamento. A seguito ad es. di un’esplosione nucleare nell’atmosfera o di un cedimento della struttura di contenimento di un reattore nucleare, l’aria, il suolo, le persone, le piante e gli animali nelle vicinanze saranno contaminati dalla materia prima nucleare (ad es. uranio) e dai prodotti di fissione, che comprendono nuclei atomici instabili soggetti a decadimento radioattivo.
La contaminazione può avvenire da gas, liquidi o particelle radioattivi. Dunque, anche una piccola quantità di materiale radioattivo può contaminare una stanza o un’area più estesa, se viene disperso nell’ambiente. Ad esempio, se un radionuclide utilizzato nella medicina nucleare viene versato per terra (accidentalmente oppure, come nel caso dell’incidente di Goiania avvenuto in Brasile nel 1987, per ignoranza), il materiale potrebbe venire diffuso dalle persone mentre camminano. Una contaminazione da cesio-137 è stata osservata in alcuni – sia pur rari – casi in materiali ferrosi e perfino nel pellet.
L’inquinamento radioattivo che si diffonde nell’atmosfera terrestre è chiamato fallout. Tale inquinamento è stato piuttosto comune nei due decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna hanno condotto centinaia di test di ordigni nucleari nell’atmosfera. La Francia e la Cina non hanno iniziato a sperimentare le armi nucleari fino agli anni ’60 e hanno continuato la sperimentazione nell’atmosfera anche dopo che altre nazioni avevano accettato di spostare i loro test nel sottosuolo, dove il rilascio radioattivo interessa il terreno e le falde.
I due esempi più noti che illustrano l’effetto della contaminazione da fallout radioattivo sono il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, in Giappone, nel 1945 – rispettivamente con una bomba atomica da 15 chiloton (kt) esplosa a 580 m dal suolo e una da 20 kt esplosa a 470 m dal suolo – e il disastro della centrale nucleare di Chernobyl, nell’aprile 1986. Dopo cinque anni dalle due bombe atomiche americane sul Giappone, ben 225.000 persone avevano perso la vita a causa dell’esposizione a lungo termine alle radiazioni prodotte dall’esplosione, principalmente sotto forma di fallout.
Anche il disastro nella centrale di Chernobyl ha prodotto un rilascio impressionante di radioattività. La contaminazione più rilevante ha riguardato circa 2.590 kmq di terreni agricoli e villaggi dell’Unione Sovietica, ma livelli pericolosi di radioattività sono stati riportati in quasi tutti i paesi europei e gli inquinanti radioattivi con il fallout hanno contaminato l’acqua piovana, i pascoli e le colture alimentari. Oltre alle centinaia di persone uccise poco dopo l’esplosione, alcuni scienziati prevedono che le vittime locali possano nel tempo arrivare al numero di 200.000, ed a 40.000 nell’Europa occidentale.
Le principali fonti di inquinamento radioattivo del terreno e dell’acqua includono, oltre al fallout delle esplosioni nucleari: le operazioni quotidiane svolte nelle centrali nucleari ed i relativi incidenti; il ciclo del combustibile nucleare (estrazione, separazione e perfezionamento dei materiali destinati all’uso di centrali nucleari e armi nucleari); l’uso in poligoni o in teatri di guerra di armi arricchite con materiali radioattivi contaminanti; i rifiuti radioattivi stoccati o gestiti in modo inappropriato, etc.
Le centrali nucleari contribuiscono all’inquinamento radioattivo dell’ambiente in vari modi: direttamente, a causa di un’errata progettazione o gestione, ed in particolare in seguito a malfunzionamenti od a gravi incidenti, di cui quelli di Fukushima, Chernobyl e Three Miles Island sono soltanto gli esempi più famosi; indirettamente, poiché non esiste un metodo di smaltimento completamente affidabile del combustibile nucleare, che deve rimanere lontano dal contatto umano per migliaia di anni.
Anche ogni fase della produzione dei combustibili nucleari produce dei contaminanti. L’estrazione dell’uranio, ad esempio, produce scorie altamente radioattive che possono finire nell’aria o nell’acqua, o contaminare il suolo. L’entità dell’inquinamento radioattivo causata dal ciclo del combustibile nucleare – specie negli Stati Uniti, nell’Unione Sovietica e in Gran Bretagna – è stata rivelata solo di recente, essendo l’attività in tal senso coperta da segreto negli anni della Guerra fredda.
Il problema dell’inquinamento radioattivo è spesso aggravato dalla difficoltà di valutare i suoi effetti sulla salute umana. I rifiuti radioattivi, ad esempio, possono diffondersi su un’ampia area abbastanza rapidamente e irregolarmente (ad esempio da una discarica di rifiuti radioattivi abbandonata in prossimità di una falda acquifera), e non possono mostrare completamente gli effetti sugli esseri umani e sugli organismi se non nell’arco di decenni, sotto forma di cancro o di altre malattie croniche.
Per esempio, lo iodio radioattivo-131, un radionuclide a breve durata, può lasciare coloro che l’ingeriscono con problemi di salute a lungo termine. Nel momento in cui viene rilevata una perdita radioattiva e viene effettuata un’indagine sanitaria, molti individui affetti dalla perdita possono già essersi spostati dall’area (o sono morti senza essere stati esaminati con la possibile causa radioattiva in mente).
Inoltre, dato che la maggior parte dei materiali radioattivi sono sotto la giurisdizione delle agenzie governative – di solito negli stabilimenti militari segreti della Difesa – le attività e gli scarichi accidentali che accompagnano la produzione di materiali nucleari e le prove di armi, nonché i loro effetti prodotti nel tempo sulla salute dei militari e della popolazione civile, tendono a rimanere nascosti finché i governi non sono obbligati a rivelarli sotto la pressione dell’opinione pubblica.
Dato però che anche una piccola esposizione alle temibili radiazioni prodotte dalla radioattività può avere gravi conseguenze biologiche (e cumulative), e dato che molti rifiuti radioattivi restano tossici per secoli, l’inquinamento radioattivo è una grave preoccupazione ambientale, sebbene attualmente a livello globale le fonti naturali di radioattività superino di gran lunga quelle artificiali, per cui l’inquinamento radioattivo è – a parte il caso di guerre o incidenti nucleari – soprattutto un problema locale.
L’impatto più comune di basse dosi di radiazioni ionizzanti prodotte dall’inquinamento radioattivo è l’induzione stocastica del cancro con un periodo latente di anni o decenni dopo l’esposizione. Il modello più accettato del meccanismo con cui ciò si verifica dimostra che l’incidenza dei tumori aumenta linearmente con una dose efficace di radiazioni al tasso del 5,5% per ogni sievert. Se questo modello lineare è corretto, allora la radiazione di fondo naturale costituisce la fonte più pericolosa di radiazioni ionizzanti per la salute pubblica generale, seguita dall’imaging medico come seconda fonte per importanza.
La dose efficace media individuale di radiazioni ionizzanti per la popolazione italiana è di 4,5 mSv/anno, di cui 3,3 mSv/anno sono dovuti a sorgenti naturali (principalmente il radon, che viene misurato attraverso appositi dispositivi) e 1,2 mSv/anno sono dovuti a sorgenti artificiali (principalmente imaging diagnostico). Il dettaglio dei singoli contributi è visibile nella tabella sottostante. Circa il 73% della dose totale deriva da esposizioni di tipo naturale e circa il 44% da quella al radon, che rappresenta quindi la principale fonte di esposizione alla radioattività.
Distribuzione dei contributi alla dose media individuale annua per la popolazione italiana.
Tuttavia, causa della grande variabilità della concentrazione di radon indoor – e dell’eventuale vicinanza a sorgenti artificiali il cui livello di radioattività può essere localmente importante – la dose efficace individuale può raggiungere valori molto superiori, fino a diverse decine di mSv/anno, anche in relazione agli spostamenti dei luoghi di residenza e di lavoro degli individui. Questo è il motivo per cui l’argomento merita di essere approfondito, con un’attenta analisi delle varie possibili fonti artificiali.
Come l’elettrosmog, anche la radioattività è un inquinante invisibile e non percepibile in nessun modo dall’uomo, se non con appositi strumenti come ad es. i contatori Geiger, che oggi sono acquistabili a poco prezzo anche online, come ad esempio qui.
I rischi per la contaminazione radioattiva delle persone e dell’ambiente dipendono dalla natura del contaminante radioattivo, dal livello di contaminazione e dalla portata della diffusione della contaminazione. Bassi livelli di contaminazione radioattiva presentano un piccolo rischio, ma possono ancora produrre tumori ed altre gravi patologie, ed essere rilevati mediante la strumentazione per la misura della radiazione, quali ad es. contatori Geiger e contatori a scintillazione.
Un alto livello di contaminazione, invece, può rappresentare un grosso rischio per la gente e per l’ambiente. Le persone possono essere esposte a livelli di radiazione potenzialmente letali, sia esternamente che internamente, dalla diffusione della contaminazione a seguito di un incidente (o di un’iniziativa deliberata) che coinvolga grandi quantità di materiale radioattivo. Gli effetti biologici dell’esposizione esterna a tale contaminazione sono in genere uguali a quelli provenienti da una fonte di radiazioni esterna di tipo non radioattivo – come le macchine a raggi X – e dipendono dalla dose assorbita.
Riferimenti bibliografici:
- Annuario dei dati ambientali, ISPRA (2006), http://annuario.isprambiente.it/sites/default/files/pdf/2005-2006/versione_integrale/Radiazioni%20ionizzanti.pdf
- Radioactive contamination, https://en.wikipedia.org/wiki/Radioactive_contamination
- Fukuleaks, http://www.fukuleaks.org/web/