Nel decennio 1996-2006, la crescita esponenziale delle comunicazioni mobili è stata accompagnata da un aumento parallelo della densità dei campi elettromagnetici (EMF). Ora, il fenomeno si ripeterà con l’implementazione della rete 5G. In quanto tale, la continua espansione delle comunicazioni mobili solleva questioni importanti perché tali campi – in particolare quelli alla frequenza delle microonde – hanno svariati rilevanti effetti biologici (cancro a parte): ad es. aumentano la temperatura, cambiano le reazioni chimiche, inducono correnti, ed influenzano anche la fertilità e la capacità riproduttiva.
La determinazione delle esposizioni realistiche da telefoni cellulari e altri dispositivi wireless delle moderne telecomunicazioni costituisce quindi un’importante sfida scientifica, soprattutto perché è fondamentale per la definizione della protezione della salute pubblica. Tuttavia – come vedremo – incredibilmente questo tipo di studi fatti su sorgenti reali non vengono accettati dallo IARC e da alcune agenzie sanitarie, generando una situazione kafkiana che del rigore scientifico e del buon senso ha ben poco.
Esposizioni reali vs. simulate negli studi sperimentali
In un importante studio scientifico del 2015, Panagopoulos e collaboratori (fra cui il noto Olle Johansson, professore all’Istituto Karolinska di Stoccolma) hanno esaminato se le esposizioni alle radiazioni di telefoni cellulari in esperimenti biologici / clinici dovessero essere eseguite con campi elettromagnetici (EMF) reali emessi da telefoni cellulari disponibili in commercio, invece di campi simulati emessi da generatori o a telefoni di prova, usati in molti lavori di ricerca per le ragioni “esterne” che vedremo fra poco.
Lo studio citato, di cui riassumiamo qui gli aspetti salienti.
Ebbene, le emissioni reali dei telefoni cellulari variano costantemente e in modo imprevedibile (ci sono sempre cambiamenti di intensità e di frequenza in questi segnali); pertanto, sono molto diverse dalle emissioni simulate che utilizzano parametri fissi e nessuna variabilità. Questa variabilità è un parametro importante che rende le emissioni reali più bioattive: i campi elettromagnetici con parametri che variano, di solito, hanno un’azione biologica più forte dei campi con parametri costanti. Gli organismi viventi sembrano avere una difesa (e adattabilità) ridotta contro gli stressanti ambientali di alta variabilità.
Mentre gli studi sperimentali che impiegano emissioni EMF simulate presentano una forte incoerenza tra i loro risultati – con meno del 50% di essi che riportano effetti – gli studi di laboratorio che impiegano esposizioni reali alla telefonia mobile dimostrano, al contrario, una coerenza quasi del 100% nel mostrare effetti avversi. Questa coerenza, inoltre, è in accordo con gli studi che mostrano l’associazione con tumori cerebrali, sintomi di malessere e declino nelle popolazioni animali.
Questa straordinaria coerenza dei risultati di studi condotti in laboratorio con emissioni reali, e la loro ulteriore conferma fornita da recenti studi epidemiologici / statistici e delle evidenze in campo aperto, sembrano essere passate inosservate alle agenzie sanitarie e alle autorità sanitarie pubbliche nazionali e internazionali, che semplicemente ignorano questi studi nonostante i loro importanti risultati implichino l’urgenza della definizione di limiti di esposizione molto più severi di quelli attuali.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha, del tutto inopinatamente, sempre criticato ed escluso gli studi sperimentali che usavano i telefoni cellulari disponibili in commercio per esporre campioni biologici, avendo a loro dire “dosimetria inaffidabile”, senza fornire ulteriori giustificazioni scientifiche, richiedendo di fatto l’utilizzo di dispositivi predisposti per produrre emissioni a frequenza e potenza di uscita fisse mediante l’uso di controlli ingegneristici o via hardware.
Gli studi sugli effetti biologici dell’esposizione a sorgenti reali di campi elettromagnetici, nonostante siano coerenti fra loro quasi al 100% e in accordo con gli studi epidemiologici e di laboratorio che hanno trovato una chiara associazione fra uso del telefonino e tumori al cervello, non vengono accettati dalla IARC e dalle Agenzie sanitarie. Ciò è un’evidente assurdità sia dal punto di vista logico sia sul piano scientifico, come spiegato dagli autori. In basso, una tipica sorgente RF simulata ha frequenza e ampiezza (in pratica, intensità, che è proporzionale al quadrato dell’ampiezza) costanti.
La situazione è ulteriormente complicata da risultati divergenti riportati in passato nella letteratura correlata che potrebbero in molti casi essere dovuti proprio a condizioni di esposizione non realistiche, che a loro volta portano a interventi inefficaci e mal indirizzati. Infatti, ad esempio, le emissioni reali dei telefoni cellulari includono sempre variazioni significative nella loro intensità, frequenza e altri parametri, specialmente nel campo vicino dell’antenna, e non considerarle costituisce un grave bias.
Difatti, le cellule e gli organismi viventi (uomo compreso) si adattano più facilmente a qualsiasi fattore di stress esterno – ed anche ai campi elettromagnetici – quando questo fattore di stress non è di tipo significativamente variabile, in altre parole quando i suoi parametri sono mantenuti costanti o variano solo leggermente. Gli organismi viventi sono stati costantemente esposti per tutta la loro evoluzione a campi elettrici e magnetici terrestri di intensità medie dell’ordine, rispettivamente, di 130 V/m e 0,5 G, ma si tratta di campi elettrici e magnetici statici, ben diversi quindi da quelli artificiali.
Ora, mentre nessun effetto avverso sulla salute è collegato alla normale esposizione a questi campi ambientali, già variazioni delle loro intensità dell’ordine del 20% durante “tempeste magnetiche” o “pulsazioni geomagnetiche” a causa di cambiamenti nell’attività solare con una periodicità media di circa 11 anni sono collegate all’aumento dei tassi di incidenti sulla salute animale / umana, comprese malattie psichiche e nervose, crisi ipertensive, attacchi di cuore, ictus cerebrali e mortalità.
È chiaro che gli organismi viventi percepiscono i campi elettromagnetici ambientali come fattori di stress. Ma dal momento che i campi elettromagnetici creati dall’uomo costituiscono un fattore di stress molto nuovo per gli organismi viventi all’interno dei miliardi di anni di evoluzione biologica, le cellule non hanno avuto il tempo di sviluppare meccanismi difensivi, per esempio di sviluppare dei geni speciali da attivare per la protezione contro lo stress prodotti dai campi elettromagnetici artificiali.
Uno schema che riassume la situazione, anche se in realtà le conseguenze biologico-sanitarie sono più varie e numerose di quelle sintetizzate in tabella per ragioni di spazio. Si noti come la gravità delle conseguenze sia fortemente legata alla variabilità del segnale reale.
Ciò può essere il motivo per cui, in risposta ai campi elettromagnetici artificiali, si è scoperto che le cellule attivano i cosiddetti “geni dello shock termico” e producono proteine di shock termico molto rapidamente (entro pochi minuti) e ad un tasso molto più alto che in risposta al calore stesso. Questa sembra essere la stessa ragione per la quale le radiazioni dei telefoni cellulari sono state scoperte indurre danni al DNA e la morte cellulare nelle cellule riproduttive degli insetti in misura maggiore rispetto ad altri tipi di fattori di stress esterni esaminati in letteratura, come deprivazione di cibo o prodotti chimici.
Quindi sembra che le cellule siano molto più sensibili ai campi elettromagnetici artificiali che ad altri tipi di stress precedentemente sperimentati da organismi viventi, come il calore, il freddo, la fame o le sostanze chimiche. Ma lo stress ripetitivo che porta a un’espressione continua di geni da shock termico o a danneggiare il DNA delle cellule può, alla lunga, portare al cancro. Non stupisce, quindi, che gli studi epidemiologici e di laboratorio abbiano trovato un’associazione fra campi RF e tumori.
Dato che gli organismi viventi non hanno meccanismi di difesa neppure contro variazioni dell’ordine del 20% degli assai più deboli campi elettromagnetici naturali, è realistico aspettarsi che non abbiano difese neppure contro i campi elettromagnetici innaturali (artificiali), che sono per lo più non statici bensì variabili (campi alternati, pulsati, modulati, utilizzanti contemporaneamente diverse frequenze diverse, etc.) e totalmente polarizzati, a differenza dei campi e.m. naturali.
In effetti, in numerosi studi pubblicati a partire fin dalla metà degli anni Settanta si è trovato che i segnali elettromagnetici artificiali pulsati o modulati sono più bioattivi rispetto ai segnali continui aventi gli altri parametri identici (intensità, frequenza, durata, forma d’onda, etc.). Inoltre, tutti i campi elettromagnetici artificiali sono totalmente e invariabilmente polarizzati a causa della geometria invariante dei loro circuiti elettrici, mentre i campi elettrici e magnetici terrestri statici hanno sempre piccole modifiche e variazioni locali nel direzione delle linee di campo che li rendono solo parzialmente polarizzati.
Come se ciò non bastasse, l’esposizione intermittente alla radiazione del telefono cellulare (reale o simulata) con brevi periodi di intermittenza (che rendono il campo uniforme più variabile) si trova ripetutamente, negli studi fatti, essere più bioattiva rispetto alla corrispondente esposizione continua. Queste prove sperimentali supportano ulteriormente l’argomento che più è complicato e variabile il campo elettromagnetico / fattore di stress, più difficile è per un organismo vivente adattarsi.
I segnali elettromagnetici reali sono più bioattivi perché hanno un’elevata variabilità nei loro parametri: intensità (che va come il quadrato dell’ampiezza), frequenza, durata, forma d’onda, etc. In figura, vi sono invece alcuni tipici segnali simulati, assai meno bioattivi.
Ma miliardi di utenti di telefoni cellulari sono esposti ogni giorno per periodi sempre più lunghi a emissioni reali dai loro telefonini nel vicino campo dell’antenna a contatto con le loro orecchie / corpi, non con emissioni simulate con parametri fissi. Quindi non è scientificamente corretto studiare gli effetti di un campo “altamente variabile” usando campi con parametri fissi, specie nel caso in cui la natura variabile del campo sembra essere una ragione importante per la sua maggiore attività biologica.
I risultati degli esperimenti con i campi elettromagnetici (variabili) di telefoni cellulari che usiamo nella vita reale (variabile) non sono riproducibili in modo identico, dal momento che tra esposizioni successive in qualsiasi luogo specifico le caratteristiche esatte del segnale emesso sono sempre diverse. Ma i valori medi dei campi in un periodo di pochi minuti (o più lungo) sono vicini l’uno all’altro, e quindi i risultati di diversi esperimenti di replica con emissioni reali come variabile indipendente – sebbene non identica quantitativamente – risultano essere qualitativamente simili.
La dosimetria media negli studi con emissioni reali può essere resa affidabile con un numero maggiore di misurazioni sul campo, poiché la variazione dei risultati sperimentali a causa della variabilità dell’esposizione diventa meno significativa semplicemente con l’aumento del numero di repliche sperimentali. Gli autori concludono perciò che, affinché i risultati sperimentali riflettano la realtà, è di importanza cruciale che le esposizioni vengano realizzate con i telefoni cellulari disponibili in commercio.
Inaccettabilità assoluta di questa situazione
Tutti i tipi di radiazioni della telefonia mobile digitale impiegano, ad eccezione del loro segnale portante RF, frequenze estremamente basse (ELF) necessarie per la modulazione e per aumentare la capacità delle informazioni trasmesse impulsando il segnale. Ebbene, si è scoperto che la combinazione delle frequenze portante RF e pulsazione ELF è più bioattiva della sola portante RF.
La forte emissione alle basse frequenze (ELF) di un cellulare GSM quando viene utilizzato: si notino i picchi a 50 Hz (frequenza di rete) e la componente a 217 Hz. Si noti che 0,2-0,3 microTesla è la soglia da tempo risultata associata, in molti studi epidemiologici, al manifestarsi, in maniera stocastica ma statisticamente significativa, di effetti sanitari sulla popolazione (leggi “tumori”, come ad es. leucemie e cancro al cervello) da parte di campi magnetici a frequenza di rete generati da elettrodotti.
Inoltre, secondo un meccanismo plausibile che è stato suggerito (Panagopoulos et al., 2002): (a) sono le frequenze ELF incluse in ogni segnale RF pulsato o modulato quelle più responsabili degli effetti biologici; (b) i cambiamenti dell’intensità del campo giocano un ruolo importante; e (c) la pulsazione del segnale lo rende due volte più bioattivo (ciò spiega, ad esempio, perché il Wi-Fi è più boioattivo rispetto a un segnale a frequenze simili ma non pulsato, a parità di intensità).
Un’onda RF portante costante modulata da un campo ELF costante può certamente essere simulata in laboratorio, ma non è possibile simulare i veri segnali della telefonia mobile: infatti, durante una normale conversazione con il telefono cellulare sia la portante che la modulazione variano costantemente e imprevedibilmente nei loro parametri (intensità, frequenza e forma d’onda), con delle grandi, improvvise, variazioni dell’emissione dei campi elettromagnetici / radiazione prodotti.
E più la quantità di informazioni trasportate viene aumentata (con aggiunta di testo, parlato, immagini, musica, video, internet, etc.) – come nelle più recenti generazioni (G) o tipi di telefoni (2G, 3G, 4G, 5G, etc.), e più complessi e imprevedibili i segnali della cella telefonica diventano. Di conseguenza, gli organismi viventi non possono adattarsi a un tipo di stress così vario. Inoltre, a causa del tipo imprevedibilmente variabile delle emissioni reali, è impossibile simularle con campi e.m. aventi parametri fissi.
Si noti che il problema appena sollevato si applica anche a tutti gli altri tipi di dispositivi di emissione RF / microonde utilizzati nelle telecomunicazioni moderne, come dispositivi di connessione Internet wireless e reti wireless locali (Wi-Fi), telefoni cordless (DECT, Digital Enhanced Cordless Technology) e baby monitor. Le emissioni di tutti questi dispositivi, anche se differiscono in specifiche frequenze e tipi di modulazione, sono molto simili. Perciò, gli autori si concentrano sulla telefonia mobile solo perché la maggior parte degli studi sui campi RF/microonde analizzano gli effetti di tali radiazioni (reali o simulate).
Due spettrogrammi 3D comparati che mostrano (A) la continuità di un segnale CW (o Continuous Wave, cioè un’onda di ampiezza e frequenza costante, quasi sempre un’onda sinusoidale) a confronto con la discontinuità (pulsata) dell’emissione elettromagnetica di un telefono cordless. L’asse orizzontale rappresenta la frequenza, quello verticale l’intensità e la terza dimensione – visibile nella parte in basso dei pannelli – la scala temporale, cioè l’intensità nel tempo. (da Margaritis et al., 2013)
Nel loro articolo, gli autori hanno passato in rassegna studi sperimentali biologici e clinici sugli effetti della radiazione di telefonia mobile che hanno impiegato esposizioni con emissioni reali di telefoni cellulari, al contrario degli studi tradizionali che impiegano emissioni simulate di telefoni cellulari prodotte da generatori o telefoni di prova, e hanno cercato una spiegazione per i risultati divergenti riportati in letteratura. Nel caso in cui si sia trovato un conflitto significativo nei risultati tra i due tipi di esposizioni sperimentali (reali o simulati), l’hanno spiegata con le differenze tra i due tipi di emissioni.
Ad oggi, sono stati pubblicati già molti studi che usano telefoni cellulari in commercio per valutare gli effetti a breve termine dell’esposizione ad essi, durante una connessione voce (in modalità “parla”, “ascolta” o “chiamata”), su una varietà di animali (uomo compreso) / campioni biologici, tra cui: Drosophila, formiche, uova di gallina, quaglie, sperma umano in vitro, volontari umani in vivo, topi o ratti o porcellini d’India o conigli in vivo, cellule di topo in vitro, api, protozoi e proteine purificate in vitro.
Una percentuale impressionante (95,8%) di questi studi (46 su 48 studi con esposizioni a telefonini reali) hanno registrato effetti biologici o clinici avversi significativi, che vanno da perdita di orientamento, cambiamenti cinetici e comportamentali o elettroencefalografici (EEG), declino nella capacità riproduttiva femminile e maschile, declino riproduttivo, cambiamenti molecolari, cambiamenti nell’attività enzimatica, danni al DNA, morte cellulare e cambiamenti istopatologici nel cervello (ad es. buchi nella barriera emato-encefalica e numerosi tipi di tumori).
Alcuni degli effetti dell’uso del cellulare sul corpo umano. Adattata da Makker (2009)
Al contrario, più del 50% degli studi eseguiti con segnali simulati non hanno mostrato effetti, anche se diversi studi di rassegna recenti suggeriscono una generale predominanza di studi che mostrano effetti, indipendentemente dal fatto che l’esposizione sia reale o simulata. Diventa evidente che vi è un forte conflitto tra i risultati complessivi degli studi eseguiti con emissioni di telefonia mobile reali e quelli complessivi degli studi eseguiti con emissioni simulate da generatori di onde.
Qualsiasi variabilità nel campo elettromagnetico prodotto da sorgenti reali – e corrispondentemente nella dosimetria – non cambia il fatto che le persone sono effettivamente esposte quotidianamente per periodi crescenti a questo campo “altamente variabile” a contatto con le loro teste / corpi e a distanze diverse. I dati scientifici presentati dagli autori mostrano che questa costante variazione nel campo lo rende considerevolmente più attivo dal punto di vista biologico. Aumentando però il numero di misurazioni, la deviazione standard diminuisce abbastanza perché la dosimetria sia giudicata affidabile.
Nonostante le critiche della IARC e di alcune agenzie sanitarie sugli studi che utilizzano le esposizioni reali, e la conseguente difficoltà nel processo di pubblicazione, il numero di studi con le reali emissioni dei telefoni cellulari sta aumentando rapidamente nella letteratura peer-reviewed, specialmente negli ultimi anni. Un numero crescente di scienziati si rende conto che le esposizioni reali da parte dei telefoni cellulari disponibili sul mercato sono l’unico modo per rappresentare le condizioni vissute dagli utenti nella vita reale, molto diverse e assai più bioattive rispetto alle esposizioni a campi simulati.
D’altra parte, se accettassimo che i veri campi elettromagnetici (EMF) emessi dai telefoni cellulari disponibili sul mercato sono così variabili e la loro dosimetria è talmente inaffidabile che gli studi che impiegano emissioni EMF reali non devono essere presi in considerazione a causa della dosimetria “sconosciuta”, allora questi dispositivi non dovrebbero essere approvati dalle autorità pubbliche per essere resi disponibili sul mercato, poiché cambiamenti di segnale non misurabili e imprevedibili possono provocare delle alterazioni biologiche imprevedibili. Quindi, delle due l’una!
Gli effetti dei campi elettromagnetici reali misurati tramite l’esposizione di moscerini della frutta a molti dispositivi di uso comune (dai telefonini ai cordless, dal Wi-Fi ai baby monitor), come descritto nell’articolo che illustreremo fra poco (da Margaritis et al., 2013).
Talvolta è utile creare simulazioni per studiare in laboratorio condizioni specifiche altrimenti non accessibili. Ad es., se vogliamo studiare l’effetto di campi elettromagnetici di intensità molto più elevata di quelli prodotti da apparecchi comuni, o se vogliamo studiare separatamente l’effetto dei campi magnetici e dei campi elettrici. Ma in tutte le altre situazioni l’uso di simulazioni non realistiche – specie quando le condizioni reali sono facilmente accessibili per essere studiate in laboratorio – è, a loro (e nostro) avviso, un grave errore scientifico che sta pervadendo la letteratura sui bioeffetti dei telefoni cellulari.
Gli studi eseguiti con campi / esposizioni simulati, specialmente quelli che non hanno mostrato alcun effetto, dovrebbero, ad avviso degli autori (e anche nostro), essere ripetuti con esposizioni reali di parametri di segnale medio simili mantenendo tutte le variabili sperimentali rimanenti identiche. Nel caso in cui questi esperimenti mostrassero effetti biologici più evidenti, le agenzie sanitarie dovrebbero rivedere immediatamente le loro linee guida riguardo: (1) a quali studi dovrebbero essere considerati più importanti e (2) se i dati disponibili sono effettivamente in conflitto o meno.
Inoltre, secondo il principio di precauzione, i criteri di esposizione esistenti dovrebbero essere drasticamente rivisti, poiché gli effetti riportati in tutti gli studi con emissioni reali di telefonia mobile sono stati registrati con intensità dei campi elettromagnetici ben al di sotto (fino a migliaia di volte inferiori) dei limiti di esposizione esistenti fissati dall’ICNIRP o dalle altre Autorità preposte. Senza tener conto dei parametri di esposizione reali, gli studi soffrono di una distorsione dei risultati verso l’ipotesi nulla, aumentando la probabilità che i veri rischi per la salute dei consumatori vengano ignorati.
Uno studio comparato esemplare su sorgenti RF reali
Nel 2013, Lukas Margaritis e colleghi hanno prodotto un eccellente articolo di ricerca che mostra importanti effetti negativi di una serie di dispositivi a radiofrequenza di uso quotidiano sulla fertilità dei moscerini della frutta. Si tratta di uno dei migliori esempi di un buon documento scientifico sugli effetti dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF) sui processi vitali. È ben impostato e – cosa più insolita per i documenti di indagine biologica – fornisce misurazioni dettagliate e di alta qualità delle intensità del segnale, delle frequenze e delle forme d’onda dei segnali RF a cui i moscerini sono stati esposti.
La prima pagina del paper di Margaritis et al. citato nel testo.
Gli autori di questa ricerca hanno usato un telefonino GSM 900/1800 MHz (rete 2G), un telefono cordless DECT 1880-1900 MHz e anche la relativa base, una rete Wi-Fi a 2,44 GHz, un adattatore Bluetooth a bassa potenza a 2,44 GHz, un baby monitor a 27,15 MHz e una serie di altri dispositivi. E scrivono “Tutte le fonti di EMF hanno creato effetti statisticamente significativi sulla fecondità e l’induzione della morte cellulare-apoptosi anche a livelli di intensità molto bassi (0,3 V/m delle radiazioni Bluetooth), ben al di sotto delle linee guida dell’ICNIRP, suggerendo che il sistema di ovogenesi della Drosophila è adatto per essere usato come biomarker per esplorare la potenziale bioattività dei campi elettromagnetici”.
La “fecondità” è una misura del grado di fertilità (i moscerini della frutta depongono più uova); l’”ovogenesi” comporta la creazione e lo sviluppo delle varie fasi dell’ovulo immaturo (cellula uovo). L’istogramma qui sotto, che è un estratto della loro figura 22, mostra la percentuale di riduzione della fecondità rispetto ad alcuni dei dispositivi comuni che hanno testato utilizzando due varietà di moscerino della frutta: la Drosophila melanogaster e la più grande Drosophila virilis.
Effetto sulla fecondità dei moscerini a seguito dell’esposizione a una varietà di comuni sorgenti a radiofrequenza presenti nella nostra vita quotidiana. Si noti come telefoni cellulari e cordless DECT abbiano gli effetti nettamente più rilevanti.
I risultati sono stati simili per le due specie di moscerino, e tutti statisticamente significativi con un livello di confidenza del 95% o migliore. Ma ciò che è veramente allarmante sono i sostanziali effetti negativi che livelli così bassi di esposizione a radiofrequenza a impulsi – 0,3 V/m sono infatti 1/20 dei limiti di legge italiani per permanenze superiori a 4 ore (6 V/m), e che ora vogliono portare a 61 V/m! – hanno sui livelli di fertilità dei moscerini. Gran parte della riduzione della fecondità era dovuta alla morte cellulare, cioè l’esposizione alle RF causava (direttamente o indirettamente) la morte degli ovuli in via di sviluppo.
Gli autori scrivono “Sono stati eseguiti più di 240 repliche per adattarsi a ogni impostazione sperimentale con almeno sei diversi esperimenti.In quasi tutti gli esperimenti, l’esposizione dei moscerini appena nati a ciascuna fonte di campi elettromagnetici è stata breve (6, 12, 30, 60 min) ed è durata da 3 a 7 giorni a seconda del protocollo” (i dettagli del protocollo sono indicati nel documento). Si noti che questa è un’esposizione a radiofrequenze (RF) di bassa intensità per brevi periodi di tempo.
È interessante notare che, per l’esposizione ai telefonini, i risultati relativi alla morte cellulare mostrano che una durata più lunga di un’esposizione (ad esempio 6 minuti al giorno vs. 12 minuti al giorno) aumenta notevolmente l’effetto avverso, mentre la stessa dose ripetuta per 3-7 giorni non sembra peggiorare l’impatto. Ciò è molto preoccupante, in quanto le esposizioni umane alle radiazioni a microonde pulsanti dalle stazioni radio base della telefonia mobile, dai telefonini, dai telefoni cordless DECT e dai router e altre sorgenti Wi-Fi sono oggigiorno, di solito, abbastanza continue.
La dipendenza della fecondità dei moscerini dalla frequenza GSM (i 900 MHz si rivelano meno bioattivi dei 1800 MHz) e dalla distanza dal telefonino (1 cm, 10 cm, 20 cm). Si noti come la durata dell’esposizione (6 minuti vs. 12 minuti) non influenzi granché la riduzione di fecondità (mentre influenza la morte cellulare per apoptosi, vedi figura qui sotto).
Per trovare questi grandi e importanti effetti collaterali, Margaritis ed i suoi ben 17 collaboratori hanno esposto i moscerini per brevi periodi alcuni giorni dopo la schiusa e fino alla pubertà (l’inizio della deposizione delle uova). Se lo confrontiamo grossolanamente alla durata della vita umana, sarebbe simile a un periodo che va da pochi anni di età fino a circa 12 anni. Questo è, grosso modo, il periodo di età in cui ora stiamo esponendo i nostri figli alle radiazioni Wi-Fi, cordless e dei telefoni cellulari.
Ciò pone una pesante responsabilità in capo ai singoli individui, ai datori di lavoro che impongono un uso eccessivo del telefonino ed ai presidi delle scuole che impongono il Wi-Fi. Infatti, se viene fatto un danno a lungo termine, allora le persone che sono ora responsabili di ciò dovranno risponderne, come successo già in una sentenza del Tribunale di Ivrea che ha fatto il giro del mondo. Il settore assicurativo non fornisce una copertura assicurativa contro i danni alla salute causati dall’esposizione a radiofrequenza / microonde, e comunque il denaro non contribuirebbe a restituire la salute e la fertilità delle persone.
I ricercatori guidati da Margaritis hanno scoperto effetti biologici come risultato di tutte le forme di esposizione alle radiofrequenze. La differenza nei bio-effetti tra segnali pulsati e in onda continua (CW) può spiegare perché l’esposizione al Bluetooth con un valore medio di soli 0,3 V/m abbia all’incirca lo stesso effetto sulla morte cellulare (6,1%) dei 20 V/m del Generatore di segnale CW a 900 MHz (6,9%) o dei 13 V/m del Generatore FM a 92,8 MHz (6,5%), ma l’esposizione del cellulare con 22 V/m porta un valore percentuale di morte della cellula fino al 10-14% (v. la figura qui sotto tratta dall’articolo).
Correlazione fra l’aumento della morte cellulare (per apoptosi) e la diminuzione di fecondità dei moscerini. Si noti l’esistenza di una correlazione lineare evidenziata dalla linea retta (di best fit).
Pertanto, i ricercatori suggeriscono che l’ovogenesi della Drosophila possa essere utilizzata per esplorare i possibili effetti biologici di tutti i tipi di radiazione a radiofrequenza (RF), a qualsiasi livello di intensità e con qualsiasi modulazione. Ciò potrebbe essere sfruttato per analizzare in modo comparato gli effetti di un telefonino sulla Capacità Riproduttiva dei moscerini, quando utilizza la rete 5G piuttosto rispetto alla rete 4G, alla rete 3G e alla rete 2G. Basta selezionare l’uso di una sola delle relative reti.
Riferimenti bibliografici
- Panagopoulos et al., “Real versus Simulated Mobile Phone Exposures in Experimental Studies”, Biomedical Res. Int., 2015, https://www.hindawi.com/journals/bmri/2015/607053/
- Margaritis L.H. et al., “Drosophila oogenesis as a bio-marker responding to EMF sources”, Electromagnetic Biology and Medicine, 2013, https://www.researchgate.net/publication/255691380_Drosophila_oogenesis_as_a_bio-marker_responding_to_EMF_sources
- D. J. Panagopoulos, A. Karabarbounis, and L. H. Margaritis, “Mechanism for action of electromagnetic fields on cells”, Biochemical and Biophysical Research Communications, vol. 298, no. 1, pp. 95–102, 2002.