Gli effetti della CO2 sulle capacità cognitive

L’anidiride carbonica (CO2) è un componente naturale dell’aria che respiriamo; è un gas incolore, inodore e non infiammabile prodotto da processi metabolici (come la respirazione) e dalla combustione di combustibili fossili. Oltre ad essere un importante gas serra responsabile del riscaldamento globale, la CO2 entra spesso nelle problematiche relative alla qualità dell’aria negli ambienti indoor.

lnfatti, poiché gli esseri umani producono ed espirano anidride carbonica (chiamata anche biossido di carbonio), le concentrazioni di CO2 negli spazi indoor occupati sono superiori alle concentrazioni all’esterno (outdoor). Pertanto, quando la velocità di ventilazione dell’aria esterna per persona diminuisce, l’entità della differenza tra interno ed esterno nella concentrazione di CO2 aumenta.

La CO2 è relativamente facile da misurare ed è comunemente inclusa nel monitoraggio della qualità dell’aria degli ambienti indoor. La concentrazione media di CO2 nell’aria esterna è dell’ordine di 300-400 ppm (parti per milione). I livelli indoor sono solitamente più alti, a causa della CO2 esalata dagli occupanti dell’edificio. Il metabolismo umano da solo può portare a livelli di CO2 indoor superiori a 3000 ppm, specie in stanze scarsamente ventilate, ma ad es. i fornelli a gas possono aumentare i livelli di CO2.

Gli effetti dell’anidride carbonica sulla salute umana sono stati osservati a livelli molto elevati (> 7000 ppm) di CO2, ma è improbabile che tu possa mai trovare livelli così alti nelle case o nelle aule di una scuola. Il livello più basso a cui è stato osservato un effetto sulla salute umana (cioè l’acidosi) nell’uomo è 7.000 ppm, peraltro solo dopo diverse settimane di esposizione continua in un ambiente sottomarino.

Potenziali effetti noti sulla salute a vari livelli di CO2 indoor.

L’aumento dei livelli di CO2 nell’ambiente causa l’acidificazione del sangue, con aumento compensatorio della frequenza e della profondità della respirazione. Pertanto, dopo un’esposizione prolungata (giorni) a livelli elevati di anidiride carbonica nell’aria, la regolazione acido-base può avvenire attraverso meccanismi renali che possono influenzare il metabolismo del calcio nelle ossa.

Nelle linee guida sull’esposizione per la qualità dell’aria indoor residenziale, le autorità sanitarie di un Paese molto attento a questi aspetti come il Canada hanno pertanto fissato un limite di esposizione di 3500 ppm per proteggersi da tali modifiche adattative indesiderabili all’acidosi, in particolare il rilascio di calcio dalle ossa. I limiti in ambiente lavorativo, invece, sono ovunque molto più alti.

L’anidride carbonica è un inquinante indoor?

Le ricerche hanno da tempo rilevato che, con livelli interni di CO2 più elevati – indicanti una minore ventilazione con l’aria esterna per persona – le persone tendono ad essere meno soddisfatte della qualità dell’aria indoor, segnalano sintomi più acuti (ad esempio mal di testa, irritazione delle mucose, etc.), rallentano leggermente e sono più spesso assenti dal lavoro o dalla scuola.

Si è ampiamente ritenuto, fino a non molti anni fa, che queste correlazioni esistano solo perché le maggiori concentrazioni di CO2 indoor si verificano a tassi di ventilazione dell’aria esterna più bassi e, pertanto, siano correlate con dei livelli più elevati di altri inquinanti generati al chiuso, i quali causerebbero direttamente gli effetti avversi sulla salute e sulle performance delle persone.

Di conseguenza, la CO2 nell’intervallo di concentrazioni solitamente rilevato negli edifici (vale a dire fino a 5000 ppm, ma più tipicamente nell’intervallo fino a 1000 ppm) non ha avuto alcun effetto diretto sulla percezione, sulla salute o sulle prestazioni lavorative degli occupanti.

Un piccolo studio svolto in Ungheria (Influence of carbon dioxide pollutant on human well being and work intensity, 2006) ha però messo in dubbio questa ipotesi, stimolando lo sforzo da parte di altri ricercatori di valutare gli effetti della variazione della sola CO2, in particolare, sul funzionamento cognitivo ad alto livello, potenzialmente più sensibile a concentrazioni più elevate di tale gas.

Così, nel 2013, un gruppo di scienziati del Lawrence Berkeley Laboratory, in California, ha studiato un’ipotesi da verificare sperimentalmente, secondo cui concentrazioni più elevate di CO2, all’interno dell’intervallo trovato normalmente negli edifici, e senza cambiamenti nella velocità di ventilazione dell’aria esterna, possano avere effetti negativi sul processo decisionale degli occupanti.

Per testare l’ipotesi, 22 soggetti hanno completato dei test di prestazione decisionale quando esposti a basse, medie e alte concentrazioni di CO2 per periodi di 2,5 ore in una camera di esposizione. In particolare, durante le sessioni con livelli “bassi” di CO2, i soggetti e l’aria esterna erano le uniche fonti di CO2 e le concentrazioni di CO2 misurate erano di circa 600 ppm.

Nelle sessioni con CO2 a livelli medio e alti, 99,99% della CO2 pura è stato aggiunto all’aria della camera alla velocità necessaria per aumentare la concentrazione di CO2 a 1000 o 2500 ppm, rispettivamente. Tutte le altre condizioni (ad es. velocità di ventilazione, temperatura) sono rimaste invariate. L’ordine delle sessioni è stato variato tra i soggetti per annullare gli effetti dell’ordine di esposizione.

I risultati principali, illustrati in figura, indicano che a 1000 ppm di CO2, rispetto a 600 ppm, vi erano decrementi moderati e statisticamente significativi in ​​sei su nove scale di prestazioni decisionali. A 2500 ppm, si sono verificate riduzioni significative – e statisticamente significative – in sette scale di prestazioni decisionali, ma un piccolo aumento delle prestazioni è stato osservato nella scala delle attività mirate. Per alcune scale di prestazioni, le riduzioni sono state drammatiche.

Impatto del livello di anidride carbonica sulle prestazioni cognitive umane. (Fonte: Fisk et al.)

La CO2 come indicatore di scarso ricambio d’aria

L’anidride carbonica, ai livelli normali negli ambienti indooor, non pone quindi un rischio importante per la salute, se non per l’aspetto cognitivo, come appena illustrato. Tuttavia, dei livelli leggermente elevati di CO2 (ad es.> 1100 ppm), possono suggerire la necessità di una maggiore ventilazione. Pertanto, il monitoraggio indoor di questo gas con apparecchi low-cost è utile e raccomandabile.

I livelli di CO2 indoor sono generalmente più alti di quelli esterni, poiché gli occupanti dell’edificio producono CO2 quando espirano. L’apertura di porte e finestre ed i sistemi di ventilazione per l’aria esterna riducono i livelli di CO2 indoor. Alti livelli di CO2 all’interno possono quindi indicare che il tasso di ricambio dell’aria è troppo basso per il numero di persone presenti nella stanza.

Le persone dovrebbero quindi cercare di aumentare la ventilazione della casa o dell’edificio accendendo i sistemi di ventilazione meccanica o aprendo le finestre. In una casa domotica, ciò può venire fatto in maniera automatizzata grazie al collegamento, tramite un protocollo di comunicazione spesso wireless, fra un sensore di CO2 “intelligente” ed il sistema che gestisce l’impianto di ventilazione.

Una scarsa ventilazione può rendere poco confortevole una casa, un’aula di scuola o un ufficio e ridurre la produttività, oltre a portare a un aumento dell’umidità, poiché l’umidità prodotta all’interno non viene scaricata all’esterno. L’elevata umidità, a sua volta, può favorire la crescita di acari della muffa e della polvere, entrambi i quali sono allergeni e fattori scatenanti dell’asma.

Inoltre, la ventilazione aiuta anche a ridurre i livelli di altri inquinanti atmosferici indoor rilasciati da arredi, prodotti da costruzione, detergenti chimici, etc., come la formaldeide o altri composti organici volatili (COV). Poiché alcune di queste sostanze chimiche hanno effetti noti o sospetti sulla salute, come il cancro, è sempre consigliabile mantenere i loro livelli i più bassi possibili.

In modo analogo, il raggiungimento attraverso la ventilazione di un livello di anidride carbonica soddisfacente può far sì che il sistema di ventilazione venga disattivato, sia per risparmiare energia sia per evitare – ad es. d’inverno – lo spreco di calore, qualora non si utilizzino scambiatori di calore. Insomma, la ventilazione dovrebbe venire gestita in ogni casa o ufficio da un monitor smart di CO2.

In conclusione, la CO2 – e quindi anche la sua misurazione con un monitor – è importante se ci sono molte persone in un piccolo spazio, poiché ciò può dare un’indicazione di quanto sia ridotto il ricambio d’aria. Se si hanno fonti di inquinamento dell’aria da COV, come nuovi mobili o esalazioni da prodotti vari, alti livelli di CO2 possono significare che pure questi inquinanti indoor si stanno accumulando.

Inoltre, livelli elevati di CO2 possono causare sonnolenza e creare un ambiente di lavoro inefficiente, oltre a segnalare eventuali malfunzionamenti o inefficienze del sistema di ventilazione adottato. Un buon monitor di CO2 indicherà quando il livello di questo gas è cresciuto troppo ed è giunto il momento di aprire la finestra o di far partire l’impianto di ventilazione meccanica.

 

Riferimenti bibliografici

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