In questo articolo parleremo ampiamente del poco noto problema della elettrosensibilità, grazie anche al contributo divulgativo del dott. Paolo Orio, medico e presidente dell’“Associazione Italiana Elettrosensibili” (AIE) – oltre che lui stesso elettrosensibile da oltre vent’anni ma ancora in vita, sia pure con grandissima fatica e sofferenza – nel convegno nazionale “Elettrosmog ed elettrosensibilità: 5G esperimento sulla salute”, tenutosi a Viareggio il 6 ottobre 2018.
L’elettrosensibilità si può definire come “una reazione avversa multi-organo caratterizzata da sintomi aspecifici che variano per intensità, durata e frequenza e si può verificare in soggetti esposti per motivi residenziali, lavorativi o personali alle radiazioni elettromagnetiche emesse da sorgenti di alta e bassa frequenza a valori di esposizione – si noti bene – inferiori rispetto a quelli stabiliti per legge”, e rientra quindi fra gli effetti di natura non termica, che non sono considerati dai limiti di legge.
Qualche anno fa, fino al 3% della popolazione mondiale in media era già elettrosensibile, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ed il 10% della popolazione colpita è gravemente disabile, come affermato anche in un documento ufficiale dell’OMS: si tratta di dati, evidentemente, spaventosi. In Italia, circa 1,8 milioni di persone sono elettrosensibili, ma questo è un dato stimato per difetto, in altre parole sottostima la reale dimensione del problema: le persone colpite sono in realtà molte di più, perché i sintomi dell’elettrosensibilità sono eterogenei e talvolta sfumati, per cui tanti non si rendono conto di averla.
Non a caso, la percentuale di elettrosensibili sulla popolazione generale varia da Paese a Paese e cresce di anno in anno: ad esempio, in Germania era del 6% nel 2002 e del 9% nel 2005; in Austria, del 2% nel 1998 e del 13,3% nel 2003; in Svezia, dello 0,6% nel 1995 e del 9% nel 2004. Il numero di persone elettrosensibili, come illustrato da dati pubblicati dalle varie ricerche svolte nei Paesi di tutta Europa e negli Stati Uniti, è in crescita esponenziale, e – guarda caso – il trend va di pari passo con la diffusione delle tecnologie wireless. Orio lancia quindi un monito: “Immaginiamoci cosa potrebbe succedere con il 5G!”.
La crescita esponenziale del numero di persone elettrosensibili nei vari Paesi avanzati coincide con il boom della telefonia mobile.
Inoltre, l’elettrosensibilità è più frequente nelle donne: il 70% delle persone colpite appartengono al gentil sesso. E non esistono limiti di età a cui si viene colpiti: in pratica, si tratta di una patologia che colpisce anche i bambini. L’elettrosensibilità è spesso – ma non necessariamente – associata alla cosiddetta “Sensibilità Chimica Multipla” (MCS), una malattia cronica che consiste nell’impossibilità di tollerare un certo ambiente chimico o una certa classe di sostanze, a livelli inferiori a quelli generalmente tollerati da altri individui. La MCS è causata dal crescente inquinamento chimico dell’ambiente, ma non solo.
Erika, una donna di 53 anni elettrosensibile che vive in provincia di Pavia, in una bella foto di Claudia Gori. (© C. Gori)
Quali sono i sintomi ed i fattori predisponenti?
I sintomi dell’elettrosensibilità sono soprattutto cefalea (ovvero mal di testa) e vertigini, ma anche nausea, disturbi del sonno in tutte le loro declinazioni (difficoltà nell’addormentamento, risveglio precoce, sonno poco ristoratore, insonnia, e l’alzarsi la mattina sentendosi stanchissimi), vuoti di memoria, difficoltà di concentrazione, difficoltà nell’elaborare il pensiero (dovuta all’ippocampo “impallato”), irritabilità, depressione, tinnito avvertito nell’orecchio, visione offuscata, astenia, arrossamento cutaneo, formicolio, palpitazioni (anche il cuore è in un certo qual modo “impallato” dai campi elettromagnetici), sensazione di pressione al torace, perdita di appetito, malessere generale e senso di inadeguatezza.
Per quasi ogni sintomo citato, non a caso, vi sono già degli studi scientifici che correlano gli effetti biologici alle radiazioni elettromagnetiche. Tuttavia, i sintomi dell’elettrosensibilità appena elencati non sono tutti presenti in un medesimo individuo: variano molto a seconda del soggetto, a seconda delle condizioni in cui è in quel dato momento della sua storia personale, e ci possono essere remissioni importanti come pure recrudescenze improvvise. Se, ad esempio, scappo dalla città e vado in una baita isolata, i sintomi scompaiono e se torno in città ricompaiono, evidenziando un nesso causa-effetto.
I sintomi dell’elettrosensibilità, però, in generale tendono a peggiorare nel tempo, passando attraverso 3 stadi. In compenso, oggi sappiamo – grazie a uno studio effettuato da ricercatori francesi (Belpomme et al., 2015) – che l’elettrosensibilità può essere diagnosticata con biomarcatori, quindi in modo oggettivo e misurabile: nell’80% dei casi posso dimostrare uno stress di natura ossidativa attraverso una valutazione di biomarcatori che sottendono alla patologia.
Alcuni dei biomarcatori che permettono di diagnosticare l’EHS.
E di ciò occorre che ne prendano atto anche i detrattori, che hanno per anni sostenuto che gli elettrosensibili fossero persone affette da “effetto nocebo” o da turbe o disturbi psicosomatici. Infatti, questa tesi è smentita in maniera categorica dagli studi fatti sugli animali: non solo sui topi di laboratorio ma anche, ad esempio, sugli uccelli, sugli insetti, etc.
Del resto, come ha spiegato molto bene Orio, “se io testo un soggetto che si dichiara elettrosensibile con dei cosiddetti ‘test di provocazione’ – cioè dei campi elettromagnetici prodotti quando voglio io e nei quali l’elettrosensibile deve dire ‘è acceso’ o ‘non è acceso’, come ha fatto una volta l’OMS – vuol dire che non ho capito (o non voglio capire) nulla dell’elettrosensibilità: un elettrosensibile può avvertire molto le radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza, un altro magari avverte molto quelle a bassa frequenza, uno avverte un campo elettromagnetico dopo un minuto, un altro dopo un’ora, un altro dopo due ore. Se faccio un test di un’ora, chi avverte i sintomi dopo due ore è tagliato fuori. Analogamente, se faccio un test con le alte frequenze, chi è sensibile alle basse frequenze è tagliato fuori. E così via”.
Tra i fattori predisponenti all’elettrosensibilità, troviamo gli impianti di protesi metalliche e la presenza di amalgame dentarie. Le placche metalliche possono aumentare l’assorbimento delle onde elettromagnetiche di centinaia di volte e, secondo alcuni studi scientifici, rappresentano un fattore di rischio per l’ipersensibilità elettromagnetica (EHS), o ipersensibilità. L’amalgama, invece, è un composto di metalli tossici che veniva usato in odontoiatria per le otturazioni delle carie dentali.
Amalgama contenente metalli usato in otturazioni dentali.
Esso rilascia nanoparticelle durante l’igiene dentale, la masticazione e con l’usura, il che può modificare o inibire il sistema immunitario; e funge da antenna captando le onde irradiate dalle sorgenti elettromagnetiche.
Altro fattore predisponente l’elettrosensibilità è l’esposizione rilevante, per motivi residenziali o lavorativi, a fonti di campi elettromagnetici. Non a caso, essa emerse già all’inizio del secolo scorso. Le prime persone a esserne interessate furono gli installatori di linee telegrafiche e gli operatori di centralini telefonici. I sintomi della malattia includevano: disturbi nervosi (donde il nome di nevrastenia, o astenia nervosa), depressione, ansia estrema, esaurimento, convulsioni, stato di incoscienza, eruzioni cutanee e tutta una serie di altri malesseri. I sintomi diventarono così gravi che nel 1907 gli operatori di centralino telefonico Bell di Toronto scioperarono, chiedendo orari di lavoro molto più brevi.
In seguito, i sintomi dell’elettrosensibilità e il nome dato alla malattia sottostante si sono evoluti con gli sviluppi della tecnologia. Così, negli anni ’60 e ‘70 e si parlava spesso, in ambito lavorativo, di “malattia da onde radio”, provocata dall’esposizione professionale alle radiofrequenze.
Alcuni esempi documentati di “malattia da onde radio”.
A metà degli anni ’80, il prof. Olle Johansson scopre una nuova sintomatologia legata all’uso dei videoterminali, che viene definita come “malattia da schermo”, e caratterizzata da arrossamento cutaneo al volto, perdita di memoria, affaticamento, insonnia, vertigini, nausea, cefalea, palpitazioni. Nel 2000, con la diffusione delle tecnologie wireless iniziata negli anni ’90, si parla ormai anche di “sindrome da microonde”, caratterizzata da astenia, stanchezza, irritabilità, nausea, cefalea, anoressia, depressione, bradicardia, tachicardia, iper- o ipotensione, sonnolenza, insonnia, allergie cutanee, eczema, psoriasi.
Perché è una vera emergenza sanitaria e sociale
L’Associazione Italiana Elettrosensibili nasce nel 2005 come risposta concreta e fattiva a un’emergenza nata sul territorio nazionale: moltissime persone già allora in Italia manifestavano disturbi con sintomatologie aspecifiche correlati all’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche sia di alta che di bassa frequenza. Si tratta di persone allo sbando, e in parte lo sono ancora oggi, ma grazie anche alla presenza di associazioni come questa possono avere un ascolto, una condivisione, e medici elettrosensibili si offrono per fare una diagnosi di elettrosensibilità, che molti medici di base oggi non sono in grado di fare.
Una delle campagne dell’Associazione Italiana Elettrosensibili.
Per le persone che hanno un’elettrosensibilità grave, la loro condizione si traduce solitamente nel perdere le amicizie, il rapporto con i familiari, l’attività lavorativa, sino al ritiro sociale. Si tratta di persone che non possono usare il cellulare, il Wi-Fi, il computer, non possono viaggiare su un treno, su un pullman, in metropolitana, e sono spesso costrette a vivere a lume di candela rinchiuse a casa propria. Perciò, abbiamo a che fare con uomini e donne disperate, specie se c’è il Wi-Fi sul posto di lavoro che li fa star male, anche se in alcuni di questi casi i medici del lavoro dell’Associazione Italiana Elettrosensibili, certificando la situazione di tali persone, sono riusciti almeno a far loro mantenere il posto di lavoro.
L’elettrosensibilità può portare all’esasperazione ed a gesti molto drammatici.
Non stupisce, quindi, che talvolta tutto ciò porti a esiti ancora più drammatici, che dovrebbero farci riflettere sulla gravità della situazione. A tal proposito, nel già citato convegno sull’elettrosmog, Orio ha illustrato il commovente – ma non così raro – caso di una ragazzina, Jenny, che si è suicidata a 15 anni a causa di una elettrosensibilità conclamata derivante da un’esposizione al Wi-Fi installato a scuola. “Ecco perché”, ha spiegato Orio, “il Wi-Fi non va installato a scuola: la scuola va cablata, per garantire una sicurezza certa per la salute di bambini e ragazzi”.
Anche le antenne delle stazioni radio base usate dalla telefonia mobile hanno effetti a breve termine sulle persone elettrosensibili: come mostrato da uno studio epidemiologico svolto in Francia, dal titolo “Survey Study of People Living in the Vicinity of Cellular Phone Base Stations” e pubblicato nel 2003 sulla rivista Electromagnetic Biology and Medicine, più ci si avvicina a un’antenna di questo tipo e più si manifestano i disturbi della elettrosensibilità, mentre più ci si allontana e più questi disturbi diminuiscono. Lo studio ha analizzato gli effetti reali avvertiti dalla popolazione esposta grazie a un questionario compilato da 530 persone che vivevano o meno in prossimità di stazioni radio base di telefonia cellulare.
Effetti a breve termine riscontrati a varie distanze da una stazione radio base secondo lo studio di Santini ed al. (2002).
Sono stati considerati diciotto diversi sintomi, descritti come “malattia da radiofrequenza”. I risultati ottenuti sottolineano che alcuni sintomi vengano sperimentati solo nelle immediate vicinanze delle stazioni radio base (fino a 10 metri per nausea, perdita di appetito, disturbi visivi), e altri a maggiori distanze dalle stazioni radio base (fino a 100 m per irritabilità, tendenze depressive, abbassamento della libido e fino a 200 m per mal di testa, disturbi del sonno, sensazione di disagio). Nella zona da 200 a 300 metri, solo il sintomo di affaticamento è vissuto significativamente più spesso rispetto a soggetti che risiedono oltre i 300 metri di distanza o non esposti (gruppo di controllo).
Come poi ha spiegato Orio, “il Parlamento dell’Unione Europea, in una risoluzione del 2009, ha detto che gli stati membri dovrebbero riconoscere l’elettrosensibilità come disabilità; come ha fatto, ad esempio, la Svezia, dove gli elettrosensibili sono considerati disabili, con una serie di vantaggi: pari opportunità, schermatura delle case, ospedali con stanze ‘low radiation’, obbligo del datore di lavoro a darti la possibilità di schermare tutto e quindi di poter lavorare in maniera adeguata, etc.1 E il Consiglio d’Europa ha dichiarato, nel 2011, che bisogna creare, per gli elettrosensibili che soffrono della sindrome di intolleranza ai campi elettromagnetici, delle zone ‘wave free’ non coperte da segnali wireless. Ma quando mai ciò accadrà con il 5G, che non lascerà un millimetro quadrato del pianeta non coperto dal segnale?”.
Per vedere riconosciuti i propri diritti, è senza dubbio fondamentale che l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosca l’elettrosensibilità come un vero e proprio stato di malattia nei codici ICD (International Classification of Disease), come accade per polmonite, cistite, SLA, etc. Ad esempio, quale “sindrome da intolleranza ai campi elettromagnetici”, come i ricercatori francesi hanno appena chiesto all’OMS. Ciò darebbe agli elettrosensibili diritti che altrimenti non hanno. Gli elettrosensibili sono persone che oggi, in Italia, hanno zero diritti. Sono considerati dei reietti, degli scarti. Se un elettrosensibile va da un medico di base, non ha diritto a una diagnosi, non ha diritto a una prognosi, né a una terapia.
L’Associaz. Medica Austriaca fornisce un codice temporaneo per la sindrome EMF.
Insomma, è come se il problema non esistesse, ma esiste eccome. Orio ha raccontato che “all’Associazione Italiana Elettrosensibili, pur non essendo particolarmente conosciuta, chiamano due persone al giorno. Ci arrivano persone dopo aver passato dieci anni di calvario fra medici di base, neurologi, psichiatri, naturopati, endocrinologi, allergologi, otorino-laringoiatri. Chi paga questo costo di vita? E poi ci contattano per bambini malati, quattordicenni malati che non possono più andare a scuola, che non possono più varcare la soglia dell’aula di informatica perché stanno malissimo, sono devastati, devono prendersi insegnati privati. Eppure, basterebbe non mettere il Wi-Fi nelle scuole!”.
L’importanza della divulgazione di certi argomenti
Oggi abbiamo a che fare con quarant’anni di occultamento macchiati da conflitti di interesse inenarrabili, che saranno ancora maggiori con il 5G. Ma il grande Lorenzo Tomatis, medico e scienziato, dice: “Adottare il principio di precauzione e quello di responsabilità significa anche accettare il dovere di informare” – come il dott. Orio fa da anni in maniera oggettiva – “impedire l’occultamento di informazioni sui possibili rischi, ed evitare che si consideri la specie umana come un insieme di cavie sulle quali sperimentare tutto quanto il progresso tecnologico è in grado di inventare, dando priorità alla qualità della vita e all’equità sociale, ponendo il mantenimento della salute al di sopra dell’interesse economico”.
Lorenzo Tomatis, una vita spesa nella difesa della salute pubblica.
Orio ha sottolineato che “oggi è fondamentale dare informazioni oggettive che per quarant’anni non ci hanno dato, per portare sempre più chiarezza e consapevolezza. Serve ribadire, ad esempio, che un telefonino portato nella tasca anteriore dei pantaloni può causare infertilità maschile perché ce lo dicono due meta-analisi, ovvero l’elaborazione di decine e decine di studi. Di conseguenza, avendo tali informazioni, posso trovare delle misure preventive primarie per limitare fortemente il danno e ridurre o annullare il rischio espositivo ai campi elettromagnetici”.
E ha rincarato la dose: “Se le autorità competenti queste cose non ce le dicono, non fanno una prevenzione primaria dal costo pari a zero come in Inghilterra, dove nei bagni pubblici troviamo dei poster giganti con un mezzo busto di ragazzo con un cellulare in tasca e sopra la scritta ‘previeni la tua infertilità perché il cellulare può causare infertilità maschile’, commettiamo un grave errore di omissione sanitaria”. Notiamo che, se l’Autorità pubblica preposta viene messa al corrente di un’emergenza sanitaria e non interviene per cercare di impedirla o di prevenirla, sostanzialmente commette a sua volta un reato.
In effetti, è molto importante sapere quali misure devo mettere in atto, a livello individuale o di gruppo, per prevenire il danno, prima di tutto il danno biologico, poiché gli effetti sanitari si manifestano successivamente, quando è troppo tardi per intervenire. In particolare, con la tecnologia 5G saremo esposti per 365 giorni l’anno ai campi elettromagnetici, che bombarderanno tutto il giorno le nostre cellule producendo effetti biologici, che potrebbero a loro volta tradursi in effetti sanitari. Nell’articolo Antenne telefonia e cancro: lo studio Ramazzini, dedicato allo studio dell’Istituto Ramazzini e del National Toxicolgy Program americano, vedremo che, mentre l’elettrosensibilità è un effetto a breve termine (e già ben presente), gli effetti sanitari a lungo termine possono essere anche dei tumori, e non solo.
Il problema dell’elettrosensibilità, che per le persone colpite in modo più grave è un vero e proprio dramma, è stato divulgato in vari modi. Vorremmo assegnare un premio – sia pure virtuale – a quelli che ci sono parsi i migliori nelle varie categorie, ed a cui pertanto rimandiamo il lettore per un approfondimento: migliore conferenza: l’ottima presentazione dell’intera tematica da parte del dott. Paolo Orio, che potete trovare nel link indicato in bibliografia; miglior libro: il documentatissimo “Manuale di autodifesa per elettrosensibili” (2018), del giornalista d’inchiesta romano Maurizio Martucci, e che potete acquistare online; miglior film: il toccante documentario “Sensibile”, del regista forlivese Alessandro Quadretti; miglior fotoreportage: “The Sentinels: Electrosensitivity in Italy”, della giornalista pratese Claudia Gori, visibile online.
La locandina del film documentario “Sensibile” (a destra), del talentuoso regista Alessandro Quadretti (a sinistra).
Sensibile è un film documentario di Officinemedia autofinanziato tramite crowdfunding, ed ha richiesto quasi un anno di lavoro per intervistare i malati ambientali di elettrosensibilità e di sensibilità chimica multipla in varie regioni italiane, nonché uno dei principali medici specialisti della materia, il professor Giuseppe Genovesi del Policlinico Umberto I di Roma, recentemente scomparso. Con la potenza unica delle immagini e delle testimonianze, il film ci fa capire che si tratta ormai di problemi di tutti. Questo docu-film, uscito nel 2018, è stato già proiettato in decine di cinema e di sale italiane ma, essendo realizzato a livello professionale, potrebbe venire tranquillamente trasmesso da un’emittente nazionale, se soltanto qualcuna di esse lo richiedesse.
Note al testo
0 In occasione del Convegno “Stop 5G” svoltosi a Vicovaro (Roma) il 2 marzo 2019, Paolo Orio ha letto una toccante e molto significativa lettera scelta fra le tante che giungono ogni giorno all’Associazione Italiana Elettrosensibili. L’ha scritta Antonio, un ragazzo di 15 anni (“il nome è di fantasia, ma tutto il resto è vero”, ha tenuto a precisare Orio):
“[..] Da circa due mesi ho alcuni sintomi molto fastidiosi che non mi permettono di avere una giornata normale. I sintomi sono molteplici, ma per prima cosa ho una forte cefalea e una perdita di sensibilità nella parte sinistra del capo. Per questo mi sono recato per ben due volte al Pronto Soccorso. Lì pensavano che i sintomi fossero legati alla mononucleosi, contratta nei mesi precedenti. Mi hanno prescritto d’urgenza una risonanza magnetica nucleare. Dopo l’esame mi sono accorto che la mia pelle era diventata di colore rosso fuoco, acceso. La neurologa mi ha detto che non era nulla di grave. Tuttavia, da circa due settimane, quando prendo in mano il mio smartphone provo delle scosse elettriche che mi percorrono tutto il braccio partendo dalle dita, non rendendomi possibile a lungo l’utilizzo. In concomitanza con le scosse, la cefalea peggiora. La notte non riesco a dormire, perché provo scosse elettriche in tutto il corpo e spasmi muscolari che mi fanno ballare sul letto, e la cefalea peggiora progressivamente. Riesco a dormire solo 3 ore a notte, non permettendomi di concentrarmi a dovere a scuola e durante le lezioni, dove è presente il Wi-Fi. Il Wi-Fi è presente anche in casa mia. [..]”.
1 Ad oggi solo la Svezia ha riconosciuto l’elettrosensibilità come una condizione invalidante e quindi disabilità al pari di un handicap, ma non come malattia in quanto solo l’OMS può identificarla e classificarla come tale.
Negli Stati Uniti, poi, l’Architectural and Transportation Barriers Compliance Board ha dichiarato che la sindrome da elettrosensibilità (EHS) e la sensibilità chimica multipla (MCS) sono da considerarsi disabilità sotto l’“Americans with Disabilities Act”. Inoltre, l’Istituto Nazionale di Scienza delle Costruzioni ha raccomandato che gli spazi in edifici commerciali e pubblici siano costruiti con bassi livelli di campi elettromagnetici (EMF” o di sostanze chimiche. Lo scopo è di garantire l’accessibilità a qualsiasi nuova costruzione per chi soffre per EMF o è chimico-sensibile (qualità ambientale interna, 2005).
La Commissione per i diritti umani canadese ha riferito che in circa il 3% dei cittadini sono state diagnosticate sensibilità ambientali (comprese le due citate sopra) e raccomanda che la qualità ambientale venga migliorata nei luoghi di lavoro (Sears, 2007). Infine, l’Associazione Medica Austriaca (2012) fornisce un codice temporaneo (Z58.4, esposizione alle radiazioni) sotto la “International Classification of Disease, 10th Edition”, da utilizzare per la “sindrome da EMF” (il loro termine per la sindrome da elettrosensibilità).
Riferimenti bibliografici
- Orio P., Presentazione orale “Elettrosmog, una reale emergenza sanitaria: elettrosensibilità”, fatta al Convegno “Elettrosmog ed elettrosensibilità: 5G esperimento sulla salute”, Viareggio, 6 ottobre 2018, https://youtu.be/3BA_sQynzBs?t=5684
- Martucci M., Manuale di autodifesa per elettrosensibili, Terra Nuova Edizioni, 2018, https://www.terranuovalibri.it/libro/dettaglio/maurizio-martucci/manuale-di-autodifesa-per-elettrosensibili-9788866813910-236288.html
- Belyaev I., “EUROPAEM EMF Guideline 2016 for the prevention, diagnosis and treatment of EMF-related health problems and illnesses”, 2016, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27454111
- Belpomme D. et al., “Reliable disease biomarkers characterizing and identifying electrohypersensitivity and multiple chemical sensitivity as two etiopathogenic aspects of a unique pathological disorder” , Rev. Environ. Health, 2015, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26613326
- Rea W.J., “Electromagnetic Field Sensitivity”, Journal of Biolectricity, 1991, https://aehf.com/articles/em_sensitive.html
- Santini R., “Survey Study of People Living in the Vicinity of Cellular Phone Base Stations”, Electromagnetic Biology and Medicine, 2003, http://www.emrpolicy.org/science/research/docs/santini_ebm_2003.pdf
- Khurana V.G., “Epidemiological evidence for a health risk from mobile phone base stations” Int. J. Occup. Environ. Health, 2010, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20662418
- “Electromagnetic fields and public health: Electromagnetic hypersensitivity”, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 2005, https://www.who.int/peh-emf/publications/facts/fs296/en/
- “Electrosensitivity overview”, by Physicians for Safe Technology, https://mdsafetech.org/problems/electro-sensitivity/electrosensitivity-history/