L’inquinamento acustico non rappresenta una minaccia solo per l’uomo, ma anche per numerose altre specie animali che vivono negli ecosistemi marini e terrestri, ed è una componente dell’inquinamento ambientale che sta provocando la diminuzione delle popolazioni di fauna selvatica nel mondo.
Gli studi di laboratorio e la ricerca sul campo hanno scoperto quattro modi principali in cui gli animali sono influenzati negativamente dall’inquinamento acustico:
- Perdita uditiva, risultante da livelli di rumore di 85 dB o più;
- Mascheramento, che è l’incapacità di ascoltare importanti segnali ambientali e segnali animali;
- Effetti fisiologici non uditivi, come ad esempio un aumento della frequenza cardiaca, della respirazione e della reazione di stress generale;
- Effetti comportamentali, che variano notevolmente tra le specie e con le caratteristiche del rumore, con conseguente, ad esempio, abbandono del territorio e perdita della riproduzione.
Infatti, l’eccessiva esposizione all’inquinamento acustico può portare gli animali ad una perdita temporanea o permanente dell’udito. Naturalmente, i dettagli dei meccanismi di perdita dell’udito – come pure dei meccanismi naturali di riparazione – variano da specie a specie, quindi non sono possibili facili generalizzazioni. Inoltre, studi recenti sugli animali hanno rivelato una sostanziale e irreversibile degenerazione neurale a seguito di un temporaneo aumento della soglia uditiva.
In laboratorio, i topi stressati da elevati livelli sonori hanno dimostrato di essere molto più proni alla malattia, meno in grado di apprendere il modo di uscire dai labirinti e di assistere a una riduzione del 66% del peso fetale (come conseguenza di un anormale sviluppo dell’embrione dopo la fecondazione) quando sono esposti a 82-85 dB (equivalenti a un potente tosaerba) per otto ore al giorno.
Invece, gli studi sulle scimmie Rhesus effettuati in laboratorio hanno dimostrato un aumento del 30% della pressione arteriosa dopo l’esposizione a un livello sonoro di 85 dB (più basso di notte, più alto durante il giorno) per otto mesi, che ha portato ad una pressione sanguigna e ad una frequenza cardiaca permanentemente più alta anche dopo un mese di tranquillità.
In effetti, esiste una vasta letteratura che descrive l’impatto del rumore su aspetti fisiologici diversi dall’udito negli animali da laboratorio. Gli ampi effetti sistemici dell’esposizione al rumore comprendono cambiamenti nella funzione endocrina e cardiovascolare, disturbi del ciclo di sonno, e una serie di cambiamenti comportamentali, che variano in parte da specie a specie ed in parte con il livello di intensità del rumore, della sua durata e prevedibilità, e con altre caratteristiche del suono.
Il rumore, inoltre, può avere altri effetti nocivi sugli animali selvatici, aumentando il loro rischio di morte in quanto altera la capacità di rilevamento dei predatori (e dunque rende difficoltoso l’approvvigionamento alimentare) o di fuga della preda, e interferisce nell’uso dei suoni per la comunicazione, in particolare in relazione alla riproduzione e all’orientamento / navigazione.
Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante nel caso dei mammiferi marini. Non a caso, in più occasioni riportate dalle cronache, l’inquinamento acustico può aver causato la morte di alcune specie di balene o di altri animali marini di grossa taglia, che si sono spiaggiati dopo essere stati esposti al suono forte di un sonar, come ad esempio quelli usati in ambito militare.
Di conseguenza, un impatto dell’inquinamento acustico sulla vita animale selvatica è la riduzione o la frammentazione dell’habitat e del territorio utilizzabile che le aree rumorose possono causare. Nel caso di specie in pericolo, ciò può essere parte del percorso che le conduce verso l’estinzione – passando attraverso la diminuzione delle popolazioni – perciò è tutt’altro che da sottovalutare.
Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che i diamanti mandarini – un socievole tipo di uccelli – diventano meno fedeli ai loro partner quando sono esposti al rumore del traffico. Ciò potrebbe alterare la traiettoria evolutiva di una popolazione animale selezionandone dei tratti, e sottraendo risorse normalmente dedicate ad altre attività, portando così a profonde conseguenze genetiche ed evolutive.
In ogni caso, di sicuro il rumore antropogenico ha ridotto la ricchezza di specie degli uccelli presenti nei parchi urbani. Inoltre, i tordi europei che vivono in ambienti urbani in luoghi con elevati livelli di inquinamento acustico durante il giorno, sono più propensi a cantare di notte, il che suggerisce che cantino di notte perché è più tranquilla e il loro messaggio può propagarsi più chiaramente nell’ambiente.
L’inquinamento acustico fa sì pure che le specie comunichino con suoni più forti. I ricercatori hanno infatti scoperto che, se le creature non “parlano” abbastanza forte, la loro “voce” sarà mascherata dai suoni antropici. Queste voci non udite potrebbero essere avvertimenti per altri compagni del gruppo, modi per trovare una preda, etc. Quando una specie comincia a parlare più forte, maschererà la voce di altre specie, facendo sì che alla fine l’intero ecosistema “parli” più forte.
Esistono dunque un sacco di prove che indicano come l’inquinamento acustico provochi danni gravi agli animali selvatici. Gli effetti a lungo termine dovuti a livelli di rumore medio-basso richiedono molto più studio, con particolare attenzione alle specie minacciate od a rischio di estinzione. Anche gli effetti sinergici sugli animali del rumore con altri fattori di stress hanno bisogno di essere indagati.
Riferimenti bibliografici:
- Noise pollution, https://en.wikipedia.org/wiki/Noise_pollution
- Effects of Noise on Wildlife, http://www.naturesounds.org/conservENW.html