No. I test statali effettuati sui campioni di pesce, in collaborazione con la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, ribadiscono che la qualità e la salute dei frutti di mare e del salmone dell’Alaska non sono state influenzate dal disastro nucleare alla centrale di Fukushima, in Giappone, del 2011. I test per il 2016 – e anche quelli precedenti risalenti fino al 2014 – non hanno rivelato livelli rilevabili di radionuclidi correlati a Fukushima. I funzionari del Laboratorio di Salute Ambientale di Anchorage hanno usato l’attrezzatura di analisi a raggi gamma inviata dalla Food and Drug Administration per esaminare i campioni. Dunque, attualmente si ritiene che pesci e molluschi delle acque dell’Alaska non siano influenzati dal danno al reattore nucleare in Giappone. Tuttavia, le autorità locali mettono in guardia il pubblico sul fatto che pesci e molluschi sono ancora soggetti alle tossine locali, come quelle che provocano intossicazione da molluschi paralitici. Il primo “salmone radioattivo” attribuito al disastro di Fukushima è stato trovato nel lago Osoyoos, nella Columbia Britannica, in Canada, nel 2015. Aveva livelli bassi ma rilevabili dell’isotopo radioattivo 134 del Cesio, universalmente riconosciuto come marker per la radiazione di Fukushima, in quanto si dimezza in 30 anni, è prodotto principalmente dall’attività umana ed oggi Fukushima ne è l’unica sorgente plausibile.