Sì. In Svezia i livelli di radiazioni dei cinghiali nel 2017 erano oltre 10 volte il limite di sicurezza. Pure in Italia negli ultimi anni sono stati riscontrati nei cinghiali livelli di radioattività abnormi – in pratica significativamente superiori al limite di 600 bequerel per chilogrammo di peso stabilito dall’Unione Europea come livello massimo di radioattività nei selvatici. in circa il 10% dei cinghiali esaminati, e purtroppo ancora oggi solo il 50% del carniere di un cacciatore viene sottoposto ad analisi prima di essere consumato. Anche la Germania ha problemi con i cinghiali radioattivi, che si nutrono di tartufi che tendono ad avere un’alta affinità per il Cesio, i cui isotopi radioattivi sono i principali marker dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, che diffuse sull’Europa una nube tossica radioattiva composta, in particolare, da Iodio-131 e Cesio-137, che ha un tempo di dimezzamento di ben 30,1 anni. Così accade pure per molti tipi di bacche: un esempio ne è la marmellata di frutti di bosco, prodotta in Austria. Il contenuto di Cesio-137 di questa marmellata, pur non essendo nocivo o superiore ai limiti di intervento per limitare il consumo dei prodotti pericolosi, esiste ancora oggi come una sorta di “impronta digitale” del disastro di Chernobyl, a quasi 30 anni di distanza.